Prof, sciopero il 30 e minaccia sugli scrutini: diminuiscono studenti, non devono diminuire cattedre

Prof di ogni sindacato sciopereranno lunedì 30 maggio, nella gran parte delle scuole di ogni ordine e grado quel giorno non ci saranno lezioni o verifiche che siano. Non solo, i sindacati della scuola, sia Cgil-Cisl-Uil che quelli autonomi, sia quelli con molti iscritti sia quelli con scarsissima rappresentatività, hanno sventolato possibile escalation. Se non lo sciopero non dovesse bastare a far cambiare idea e decreto al governo, allora potrebbe arrivare al blocco degli scrutini. Scrutini, non a caso questa minaccia sindacale: gli scrutini sono da tempo il momento e la funzione socialmente riconosciuta e attesa, il momento e la funzione del “pezzo di carta” che è il fulcro dell’interesse delle famiglie. In parallelo con lo svuotarsi e l’affievolirsi dello spessore della didattica e con lo smagrirsi fin quasi all’inedia del percorso di formazione, un giorno o due di sciopero fan poco rumore, toccare, ritardare gli scrutini invece significa sospendere un pezzettino di vita delle famiglie.

Sciopero per…

Per, a causa, contro il decreto reclutamento e formazione varato dal governo. Decreto che parte da una constatazione e da una scelta. La constatazione: nei prossimi anni diminuiranno studenti e alunni. Lo dice la demografia, il dato e la prospettiva sono incontestabili, ci saranno meno bambini e ragazzi nella popolazione e quindi meno bambini e ragazzi a scuola. Quindi il governo ha calcolato e previsto una parallela diminuzione dei posti in cattedra. E di destinare i soldi, i fondi che verranno dal meno posti in cattedra a migliori stipendi per i prof valutati bravi. Questa visione della scuola è per i sindacati della scuola assolutamente intollerabile. Infatti viola tutti i tabù ed abbatte tutti gli idoli del sindacalismo della scuola. E, nella scuola, il governo sono i sindacati, sono loro la gestione della scuola. 

Meno cattedre mai. Stipendi legati alla valutazione men che mai

Sciopero contro l’idea che, se diminuiscono gli alunni, possano diminuire i posti in cattedra. Dicono i sindacati che quei posti, diciamo in stato e regime di sotto popolazione scolastica, servono per avere classi con meno studenti, allargare gli addetti e le modalità di sostegno…Insomma dicono i sindacati che anche in futuro, quando ci saranno centinaia di migliaia di alunni e scolari in meno, i posti in cattedra devono restare gli stessi, anzi aumentare. Men che mai i sindacati accettano l’idea che il risparmio di spesa sulla quantità dei posti in cattedra possa diventare retribuzione premiale alla qualità dell’insegnamento.

Per i sindacati è poco meno che blasfema l’idea di legare maggiori retribuzioni a concetti astratti quali merito e bravura. E giudicano offensivi e provocatorio qualsiasi strumento di valutazione concreta che renda quei concetti no astratti. Insomma i sindacati vogliono, fortemente vogliono una “pianta organica”, un numero di posti in cattedra svincolato dal numero degli studenti e non vogliono, fortemente non vogliono stipendi legati alla qualità della prestazione professionale. Lo sciopero è: tutti in cattedra, tutte le cattedre e stipendi uguali per tutti. Stipendi aumentati, s’intende. I sindacati scuola vogliono fondi per aumenti salariali che non siano quelli derivanti da minor numero di cattedre.

Precario, dunque insegno

Infine, ultimo ma non ultimo, il principio di suprema giustizia secondo i sindacati della scuola: portare in cattedra i precari. Non attraverso tortuosi e incerti concorsi, men che mai sottoponendoli a formazione e quindi a valutazione. Ma instradandoli in cattedra e in contratto a tempo indeterminato per l’unica qualifica che conta e merita: l’anzianità di precariato. Secondo l’assioma: precario, dunque insegno.

 

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