Prove Invalsi 6 e 7 maggio, la sfida: “Basta copiare e basta aiutini”

Prove Invalsi 6 e 7 maggio, la sfida: "Basta copiare e basta aiutini"
Prove Invalsi 6 e 7 maggio, la sfida: “Basta copiare e basta aiutini”

ROMA – Le prove Invalsi arrivano in aula il 6 e 7 maggio. Dopo il rinvio causa sciopero generale della scuola del 5 maggio, gli alunni arriveranno in aula per svolgere i test di valutazione e l’Istituto lancia la sfida: “Basta copiare e basta aiutini“. Soprattutto al Sud, dice l’Istituto nazionale di valutazione, si copia molto e i docenti aiutano le classi. Un fenomeno che esiste solo in italia e che danneggia le valutazioni.

Cinzia Gubbini su Repubblica scrive che l’Invalsi dichiara guerra al “cheating”:

“Perché sin da subito si è posto un problema: ci sono scuole in cui si fa “cheating” ovvero si copia, e la scelta del termine inglese non è casuale. Perché se in italiano “copiare” non è di per sé un termine dispregiativo – esistono filoni di pensiero che addirittura difendono la libertà di copiare – “cheating” vuol dire imbrogliare, punto e basta”.

Il testo poi è coinciso con la data dello sciopero generale contro “La Buona Scuola”, tanto da essere rinviati dal 5 maggio al 6 e 7 maggio alle scuole elementari. Poi il 12 maggio sarà la volta delle superiori, mentre per gli studenti di terza media sarà svolto il 19 giugno, durante gli esami di stato. L’obiettivo del 2015 però è evitare che ci siano copiature:

“Bisognerà vedere come verranno valutati i risultati, una volta riconsegnate le prove. Ma nelle stanze dell’Invalsi il problema resta uno: far sì che la diagnosi del sistema scolastico sia sempre più robusta. E tra i principali nemici c’è appunto il cheating. Ogni anno l’Istituto se ne inventa una: aumento della sorveglianza, invio di lettere ai dirigenti scolastici per ricordare l’importanza di svolgere in modo onesto le prove, dall’anno scorso i moduli sono addirittura personalizzari , classe per classe. Con l’ordine delle domande diversificato e anche quello delle risposte, così da scoraggiare il “suggerimento” tra compagni”.

Capire chi copia però non sarà facile e l’Invalsi si prepara con un calcolo statistico:

“i tecnici dell’Istituto hanno costruito un indice che è basato su alcuni indicatori – tra cui numero di risposte mancanti e livello di omogeneità delle risposte – dalla cui sintesi si ricava un “profilo di comportamento anomalo”. Quando nei risultati di una classe qualcosa non torna in base a questo indice, i risultati vengono corretti. In pratica abbassati. E’ un metodo complesso e in continua evoluzione, visto che le scuole sospettate poi vengono “punite”: “Ovviamente è complicato stabilire dove si copia attraverso un mero calcolo statistico, ne siamo coscienti – ammette Ricci – cosicché dall’anno scorso alle scuole dove secondo noi ci sono brogli consegniamo sia i risultati corretti che quelli originali”.

A copiare di più, sottolinea poi l’Istituto di valutazione, sono gli studenti del sud:

“Le Regioni sotto osservazione sono tre: Campania, Calabria e Sicilia. Si copia di più alle medie e alle superiori. Uno studio sui dati Invalsi del ricercatore Lorenzo Newman ha posto in evidenza la continuità nel tempo del fenomeno del cheating in aree territoriali molto specifiche: prime della lista la provincia di Caserta, in Campania, Foggia in Puglia (che però è una Regione dove si copia molto poco), Cosenza in Calabria, Messina in Sicilia. Sono le province dove il benessere socio-economico degli studenti è basso, ma al contempo anche quelle dove i risultati accademici sono minori. Tanto da poter ipotizzare che una scuola dove si copia prepara meno di una dove non si copia. “Per noi i problemi sono due – dice Roberto Ricci – il primo è ovviamente che i risultati dei test Invalsi devono servire per attuare delle politiche correttive, e se qualcuno imbroglia è poi più difficile prendere decisioni. Il secondo è di ordine etico: la scuola è un ambiente educativo, ed è molto grave che un insegnante rompa le regole durante una valutazione. Dovremmo interrogarci di più su questo fenomeno”.

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