Pupetta Maresca, gli avvocati: “Non chiamatela boss, vendicò il marito ucciso ma non era per camorra”

Pupetta Maresca non era una “donna boss” o una “camorrista” e definirla tale significa pronunciare affermazioni “in spregio alla realtà, cristallizzata da provvedimenti giudiziari oramai definitivi, che tutti dovrebbero lealmente rispettare”. Lo sottolineano, su incarico della famiglia Maresca, gli avvocati Gennaro e Carlo Pecoraro, dello studio legale Renato Pecoraro che già difese Assunta e Ciro Maresca negli storici processi che li hanno riguardati. 

In un comunicato all’agenzia Ansa, gli avvocati chiedono rispetto per la donna, scomparsa all’età di 86 anni lo scorso 29 dicembre, nella sua casa a Castellammare di Stabia. 

Pupetta Maresca, il comunicato degli avvocati

I legali affermano di voler “fortemente stigmatizzare il tono e il contenuto delle notizie apparse in questi giorni sulla stampa cartacea e telematica, nonché i relativi commenti apparsi su diversi social network, nei quali in modo del tutto ingiustificato e incivile si offende la memoria di una donna appena deceduta, aggravando il dolore dei suoi congiunti, al solo fine di confezionare notizie più appetibili per il lettore, o peggio ancora (in relazione a taluni esponenti politici) per ergersi a tutori di una legalità che si difende a parole, ma che si calpesta nei fatti con esternazioni diffamatorie e fondate su assunti già smentiti in ogni sede processuale”.

Gli avvocati Gennaro e Carlo Pecoraro ricordano che la sentenza, risalente a oltre sessanta anni fa, che condannò Pupetta Maresca quale unica responsabile dell‘omicidio di Antonio Esposito, “confutò qualsiasi riconducibilità del fatto a contesti camorristici e – con la concessione dell’attenuante della provocazione – accertò anche che la causale del reato fosse unicamente da ricondursi al movente passionale e all’ira suscitata dall’uccisione di suo marito Pasquale Simonetti, avvenuta mentre ella era al sesto mese di gravidanza”.

“In seguito, pur indagata, – continuano i legali – Pupetta è stata prosciolta già in fase di indagini preliminari da ogni accusa di partecipazione ad associazioni criminali, tanto che il pubblico ministero dell’epoca chiese l’archiviazione della sua posizione senza neanche la necessità di passare attraverso la celebrazione di un processo”. 

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