Raffaello Bucci, capo ultrà Juve morto suicida lavorava per i servizi segreti

Raffaello Bucci, capo ultà Juve morto suicida lavorava per i servizi segreti
Raffaello Bucci

TORINO – Raffaello Bucci, l’ex ultrà bianconero diventato collaboratore della Juve e morto nel luglio scorso dopo essersi gettato da un viadotto, lavorava per i servizi segreti. Bucci lavorava per il suo collegamento tra tifosi e società. A dirlo ai pm torinesi Monica Abbatecola e Paolo Toso è stato un dipendente dell’Agenzia informazioni e sicurezza esterna. “Avevo un rapporto fiduciario con lui, stante il mio impegno in Aise, dal 2010 al giugno 2015, anche se mantenne i miei recapiti” ha spiegato il dipendente dell’Agenzia.

Come scrive Repubblica, i pm che indagavano sui rapporti tra tifosi e criminalità organizzata, interessata a mettere le mani sul business del bagarinaggio

“gli fecero diverse domande sui suoi contatti con Rocco Dominello, figlio del boss della ‘ndrangheta Saverio e considerato l’elemento di raccordo tra pericolosi capi ultrà come Dino Mocciola, leader dei Drughi, e la criminalità organizzata. Quel colloquio lasciò Bucci in uno stato di grande inquietudine, come raccontato dai suoi colleghi della Juve e come riconosciuto dallo stesso agente segreto che, in quei giorni, era stato contattato dall’ex ultrà preoccupato proprio per l’inchiesta. L’interrogatorio dello “007” è negli atti dell’inchiesta Alto Piemonte, l’indagine della Direzione distrettuale antimafia sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva bianconera. Il suo nome finisce tra gli “omissis” per ragioni di sicurezza e sostituito con quello di “Gestore”: il suo compito era quello di trovare informatori e collaboratori per i servizi e, appunto, gestirli.”

Come racconta ancora Repubblica, l’agente segreto spiega ai pm che

‘”Con Bucci avevo un rapporto senza intermediari relativo all’infiltrazione di frange eversive e di estrema destra nelle curve. Ma lui mi raccontò delle cose da cui nel 2013 nacque un appunto trasmesso ai carabinieri sul gruppo dei Gobbi, su cui ci sarebbe stato interesse della famiglia Ursini (storica famiglia ‘ndranghetista di Torino, ndr)’. Insomma, già nel 2013 Bucci ipotizzava un legame tra ultrà e ‘ndrangheta e ne informò i servizi segreti, senza però evidentemente comunicarlo poi alla Juventus quando, un paio d’anni dopo, fu ingaggiato per occuparsi dei rapporti tra società e tifo organizzato. I dirigenti bianconeri, a partire dal presidente Andrea Agnelli che il 15 maggio sarà sentito come testimone nel processo, hanno sempre assicurato di non aver mai saputo di tentativi di infiltrazioni mafiose, né della famiglia da cui proveniva Dominello (…)”.

 

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