ROMA – Costringere il coniuge a rapporti sado-maso può costituire reato per maltrattamenti. La Corte di Cassazione ha confermato la condanna, comminata in Appello, di un marito romano. I giudici non hanno creduto alle giustificazioni del marito di 58 anni: la donna lo aveva denunciato per le continue vessazioni subite. Nonostante un carattere giudicato “non remissivo” era stata costretta ad accettare giochi sessuali violenti e umilianti senza riuscire ad evitare “situazione di debolezza e fragilità nei confronti del marito”. Il quale, inoltre, è stato riconosciuto come propenso a una certa crudeltà mentale sfociata in autentico disprezzo della moglie durante tutta la convivenza.
Insomma, sembra chiaro che imputata non è la relazione sado-masochistica, ma la cattiveria peculiare del marito. Che fino all’ultimo si è detto innocente. Come fate a dire che sono violento quando in due abbiamo accettato la relazione sado-maso, che in questo caso era reversibile, non a senso unico? Il gioco richiedeva “molteplici inversioni di ruolo” e per questo era “incompatibile con continue e sistematiche vessazioni unilaterali”. Non è bastato. E non è stato nemmeno ascoltato quando ha sostenuto la premeditazione delle accuse della moglie, perché, a suo dire, era ancora offesa e risentita a causa della separazione. Una vendetta insomma.