ROMA – Mentre i raccolti marciscono perché gli agricoltori non trovano lavoratori stagionali nei campi, una domanda (diventata poi una proposta quasi ufficiale) si fa spazio quasi spontanea:
perché non mandare chi percepisce il reddito di cittadinanza ad aiutare nei campi?
Politici e ministri ci stanno pensando, ecco cosa dice il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini:
“Chi prende il reddito di cittadinanza può cominciare ad andare a lavorare nei campi per raccogliere, visto che gli agricoltori stanno facendo fatica a trovare lavoratori per la stagione della raccolta.
Così restituisce un po’ quello che prende“.
Il concetto non è sbagliato, lo Stato ha aiutato le persone in difficoltà, senza lavoro.
Persone che in questo momento di emergenza, soprattutto per il settore agricolo Made in Italy, avrebbero la possibilità di ricambiare e rendersi utili non solo allo Stato ma anche alle imprese agricole e ai cittadini.
Si chiama reddito di cittadinanza infatti…
Reddito di cittadinanza e raccolti, cosa dicono i ministri.
“Anche chi percepisce il reddito di cittadinanza potrà andare a lavorare nei campi”, ad annunciarlo è la ministra del Lavoro, Nunzia Catalfo, a Fanpage.it.
Il ministero sta infatti lavorando a un piano che permetta di affrontare la mancanza di manodopera nel settore agricolo e continuare ad assicurare il reddito.
Regolarizzare insomma, perché la paura di chi ha il reddito di cittadinanza è: se lavoro nei campi poi perdo il reddito? No, perché non è un posto di lavoro fisso.
Il ministro infatti risponde: “C’è il timore di perdere il beneficio per un lavoro che poi non perdura nel tempo, potrebbe essere anche solo di qualche giorno, in quanto parliamo di raccolti”.
Reddito di cittadinanza: “Sì al lavoro nei campi”, dice anche il ministro dell’Agricoltura Teresa Bellanova.
Emergenza nei campi, perso il 25% dei raccolti.
Per capire che si tratta di un settore di eccellenza italiana in seria difficoltà, ecco i dati Coldiretti.
“L’ultima generazione è responsabile della perdita in Italia di oltre 1/4 della terra coltivata (-28%) per colpa della cementificazione e dell’abbandono provocati da un modello di sviluppo sbagliato.
Così ha ridotto la superficie agricola utilizzabile in Italia negli ultimi 25 anni ad appena 12,8 milioni di ettari”.
A sostenerlo è Coldiretti con un’analisi divulgata in occasione del cinquantesimo anniversario della Giornata mondiale della terra del 22 aprile.
L’organizzazione agricola, nel sottolineare che l’emergenza coronavirus ha fatto emergere la centralità dell’agricoltura per garantire le forniture alimentari alle popolazione:
“La pandemia da coronavirus sta rivoluzionando le priorità dei mercati e dei consumatori con le produzioni agricole, dalle quali dipendono le forniture alimentari nei diversi Paesi”. (Fonti Ansa e Fanpage).