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Regione Sicilia, 13 mila dipendenti: da smart working a ferie senza pause lavoro

Regione Sicilia, 13 mila dipendenti. Quasi tutti per quattro mesi in smart working, cioè a casa. Poi si è fatto fine luglio e ci si avvia a ferragosto e i dipendenti tutti o quasi si attendevano un sereno e scontato scivolare dallo smart working alle ferie.

Un passaggio diretto senza pause lavoro tra smart working e ferie appunto. Non fosse per un avventato dirigente della Regione Sicilia che, incauto, si è spinto fino a chiedere di sospendere le ferie agostane. Niente meno che per ricominciare a lavorare.

OTTANTA PER CENTO A “GRATTARSI LA PANCIA”

Il dirigente si chiama Salvatore d’Urso, ha dalla sua i numeri e i fatti dell’efficienza del lavoro in smart working: pratiche di ogni tipo rallentate, rimandate, di fatto appoggiate lì e lì lasciate. Una sintesi della situazione è nella frase pronunciata per esasperazione: “Qui l’ottanta per cento si gratta la pancia“. Anche il governatore della Sicilia, Musumeci, ha pubblicamente avuto da lamentarsi di una modalità di lavoro che ha interpretato lo smart come intelligenza nel sottrarsi al lavoro.

FERIE GOCCIA CHE FA TRABOCCARE

Ma è stata la programmazione delle ferie agostane la goccia che fa traboccare il vaso: tra i mesi in smart working e le settimane di ferie ad agosto in molti dipendenti della Regione Sicilia (solo loro, solo lì?) hanno individuato e pregustato il “ponte” del secolo, anzi del millennio: quasi sei mesi di fila in intelligente lontananza dal lavoro.

SINDACATI: “NON PREPARATI PSICOLOGICAMENTE”

I sindacati, alla richiesta di sospendere le ferie d’agosto non hanno celato il loro sconcerto e hanno candidamente ammesso che l’idea sconquassava piani già dati per acquisiti. Hanno detto i sindacati: “lavoratori non pronti psicologicamente a tornare al lavoro”. Escludendo si riferissero a traumi da mascherina indossata a casa, la “non preparazione psicologica” altro non significa che i più dei dipendenti avevano pregustato e organizzato la somma, il passaggio senza pause di lavoro, dallo smart working alle ferie. Fino a consideralo un fatto compiuto, ovviamente un diritto. Diritto umano, costituzionale, contrattuale…i sindacati non lesinano aggettivi al riguardo.

SMART WORKING E PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

C’è una visione e c’è una versione e c’è una narrazione dello smart working nel pubblico impiego narrate e vissute soprattutto da M5S e poi Cgil, Cisl e Uil e poi sindacati di base e poi ovviamente parte preponderante dei pubblici dipendenti: visione di smart working come lungo nel tempo e massiccio nelle dimensioni perché piace ai pubblici dipendenti e conviene all’utenza, cioè ai cittadini.

Poi ci sono visione, versione e narrazione sostenute da esempi e casi crescenti (quello siciliano è solo uno). Secondo cui smart working all’italiana è quello della Pubblica Amministrazione. Funzionario in smart working cioè di fatto irreperibile. Telefoni e centralini a vuoto squillanti, mail che navigano come bottiglie in oceano, chissà dove e quando approderanno. E certificazioni, autorizzazioni e ogni sorta di pratica rimandate, allungate nei tempi. E lavoro da casa vissuto come una manna, un regalo da parte di strutture e organizzazioni. Non certo tradizionalmente stressate dall’ansia della produttività e del risultato.

Infatti a domanda nessuno risponde e la domanda è: se la Pubblica Amministrazione era a detta di tutti, farraginosa, lenta, inefficiente prima quando andava in ufficio, per quale miracolo dovrebbe essere diventata veloce, agile e produttiva standosene a casa?

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