ROMA – Francesco Corallo, re delle slot, arrestato. Indagato il cognato di Fini. Anche Sergio e Giancarlo Tulliani, suocero e cognato dell’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini, sono indagati nell’ambito inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma che ha portato all’arresto, tra gli altri, dell’ex parlamentare Amedeo Laboccetta.
In manette anche l’imprenditore Francesco Corallo, considerato il re delle slot machine: l’operazione della Dia si è concentrata su di una associazione per delinquere transnazionale che riciclava in tutto il mondo i proventi del mancato pagamento delle imposte sul gioco on-line e sulle video-lottery.
La casa di Montecarlo. Nell’inchiesta sul maxiriciclaggio da 200 milioni legato alle slot entra anche la vicenda della casa di Montecarlo, già al centro di una indagine che nel 2010 lambì l’ex presidente della Camera, Gianfranco Fini. In particolare, secondo quanto accertato dai pm di Roma, Giancarlo Tulliani avrebbe messo a disposizione di uno degli arrestati, Rudolf Baetsen, legato all’imprenditore Corallo, due società offshore per poter far transitare i soldi destinati alle Antille. In base all’impianto accusatorio Baetsen si sarebbe mosso per finanziare l’acquisto dell’appartamento di Montecarlo che era stata di proprietà di Alleanza Nazionale attraverso tre società offshore riconducibili a Giancarlo Tulliani.
Francesco Corallo ha costruito il suo impero con le «macchinette mangiasoldi». Nel 2008 finanziò con 1,5milioni alcune ditte riconducibili a Giancarlo Tulliani, cognato di Gianfranco Fini, indagato col padre: con quei soldi fu acquistato anche l’appartamento di Montecarlo. Amedeo Laboccetta, già parlamentare, coordinatore cittadino del Pdl a Napoli, anche lui arrestato, nel novembre del 2011 si era opposto al sequestro di un computer di Francesco Corallo, sostenendo che si trattava di un pc con materiali inerenti la sua attività di parlamentare.
Al centro dell’intrigo – secondo l’accusa sostenuta dal procuratore aggiunto Michele Prestipino e dal sostituto Barbara Sargenti, accolta dal giudice dell’indagine preliminare Simonetta D’Alessandro – , c’è proprio il gruppo di Corallo, che grazie alla concessione per l’impianto e l’utilizzo delle «macchinette mangiasoldi» e una rete di società off-shore nei cosiddetti «paradisi fiscali», ha «costruito un impero economico, sfruttando la posizione di concessionario pubblico del gioco legale, commettendo sistematiche violazioni della legge penale, prima tra tutte il reiterato peculato attraverso l’appropriazione delle somme di denaro che avrebbe dovuto versare all’Amministrazione dello Stato a titolo di prelievo unico erariale». (Giovanni Bianconi, Corriere della Sera)