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Rigopiano, Alessio Feniello: “Mio figlio Stefano ucciso dallo Stato e dai politici dell’Abruzzo”

di Maria Elena Perrero |1 Febbraio 2017 18:40

ROMA – “Quando ho saputo che mio figlio era morto all’hotel Rigopiano volevo suicidarmi. Stefano è stato ucciso dallo Stato, dalle autorità, dai politici dell’Abruzzo”: è un attacco disperato quello di Alessio Feniello, padre di Stefano, una delle vittime dell’albergo di Farindola (Pescara), travolto da una valanga il 18 gennaio scorso.

Intervenendo a La Zanzara su Radio24, Feniello ha avuto parole per dure per molti, compreso il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, reo, secondo Feniello, di aver elogiato i soccorritori:

“Gentiloni mi fa ridere quando dice che è stato fatto tutto bene. Se ne sono fregati. Se c’era il figlio di Gentiloni  non lo avrebbero fatto morire. Avrebbero mandato su qualsiasi mezzo. Ho fiducia nei giudici, bisogna far sentire la nostra voce anche con loro, non è stato solo il destino, la colpa è sempre degli uomini”.

Ma nel mirino di Feniello finiscono tutte le istituzioni:

“Ho denunciato tutti col mio avvocato. Il sindaco di Farindola, il prefetto, il questore, il presidente della Regione e della provincia. Hanno tutti delle responsabilità. Se c’erano  i figli di uno di questi tutto questo non succedeva. Li avrebbero recuperati con gli elicotteri prima del crollo dell’albergo”.

Il principale responsabile della tragedia, secondo Feniello, è però il sindaco di Farindola. In seconda posizione,

l’ex sindaco che ha detto che si taglierebbe un braccio per aver dato le autorizzazioni alla costruzione dell’albergo. E poi ha detto, pur avendo un fratello morto, che il problema del comune è che hanno perso venti posti di lavoro. Ma vi rendete conto? Da padre posso sentire queste cose?”.

Mentre la funzionaria della Protezione civile che ha risposto alla prima telefonata di aiuto fatta dall’albergo Rigopiano per chiedere aiuto secondo Feniello è “una deficiente”.

“Mio figlio alle 13 era pronto per tornare a casa. Ma nessuno andava a liberare la strada. Se lo spazzaneve fosse partito quando è partito l’allarme prima delle quattro di mattina sarebbe arrivato sicuramente. (…) Quando mio figlio è salito hanno liberato la strada, con una panda Bianca. Dovevano impedire alla gente di salire. Si sono impegnati per farli arrivare all’albergo, poi non si sono preoccupati di tenere la strada libera. Hanno fatto solo il lavoro per farli salire, per farli pagare. Poi nulla. (…) A mio figlio non hanno permesso di lasciare l’hotel. Questo è sequestro di persona e omicidio. (…) Mio figlio è stato ucciso dallo Stato, dalle autorità, dai politici dell’Abruzzo”. 

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