Rimini, il killer della balestra apprezzava Olindo e Rosa Romano: “Vittime del sistema”

Pubblicato il 18 Settembre 2010 - 16:09 OLTRE 6 MESI FA

Stefano Anelli covava da mesi il delitto della nipote Monica: in una lettera trovata in casa, l’uomo scriveva di apprezzare i coniugi Olindo e Rosa Romano, in carcere per la strage di erba.

L’uomo, 62 anni, ieri 17 settembre ha ucciso la nipote con una balestra per poi togliersi la vita era ossessionato dalla donna, un avvocato riminese di 40 anni, che si era trasferita nella palazzina insieme al compagno al piano sopra quello dell’assassino. L’ingegnere in pensione dava segni di insofferenza e da marzo annotava scrupolosamente sul suo quaderno i movimenti della donna e del suo compagno. Gli investigatori diretti dal dottor Nicola Vitale hanno anche trovato poi anche una lettera di apprezzamento agli autori della strage di Erba.

La perquisizione della camera da letto dell’uomo è stata possibile solo a causa della sua morte, dato che la stanza era vietata a tutti, compreso alla sua compagna, una signora rumena con cui viveva da “separato in casa”.

Il corpo della donna è stato trovato dal compagno poco prima delle tredici nell’androne di casa. Dalla ricostruzione degli investigatori sembra che Monica abbia avuto un litigio con lo zio in mattinata, sul suo pianerottolo. È stata ferita più volte con un paio di cesoie: colpi alla schiena, al petto, altri al capo. È riuscita a divincolarsi, si è trascinata per le scale e quando era ormai a un passo dalla salvezza è stata raggiunta dalla freccia.

Lo zio ha appoggiato la balestra a terra, ha preso le chiavi della nipote dalla sua borsetta, è entrato nell’appartamento, ha staccato i tubi del gas e si è chiuso la porta alle spalle lasciando accesa una candela. Voleva fare esplodere la palazzina in quel momento vuota, inquinare le prove, cancellare le tracce della sua follia ma non c’è riuscito: i vigili del fuoco sono intervenuti prima.

Gli agenti della squadra Mobile hanno cercato per tutto il pomeriggio lo zio, suo vicino di casa, proprietario dell’arma del delitto, eccentrico ingegnere in pensione che si era rinchiuso in se stesso, interrompendo i rapporti con i parenti, covando dentro di sè una rabbia apparentemente inspiegabile e mantenendo, all’apparenza, buoni rapporti solo con Monica che si era trasferita sopra casa sua, in quella villetta famigliare, solo da qualche mese.

È stato trovato alle nove di sera quando era troppo tardi: l’uomo si era piantato un’arma artigianale contro se stesso.

La follia omicida dell’uomo sembra essere scattata non per una questione ereditaria: dai documenti ritrovati sembra che il raptus sia scattato a causa dell’invasione degli spazi da parte dei suoi familiari. Monica era andata a vivere con il suo compagno in quella casa, una vicinanza che riteneva “insopportabile” e che ben presto è diventata un’ossessione.

Da marzo l’ingegnere aveva iniziato ad annotare scrupolosamente gli orari della nipote e del suo fidanzato: tutti i giorni fino al momento del delitto. E poi quella lettera intestata a Olindo e Rosa Romano, i coniugi che nel 2006 uccisero a colpi di coltello e spranghe Raffaella Castagna, il figlio Youssef Marzouk, la nonna del bambino Paola Galli, e la vicina di casa Valeria Cherubini. Per Anelli i due coniugi erano “vittime del sistema”.

Anche l’ingegnere, come ad Erba, ha assalito la sua vittima con un’arma da taglio prima di finirla con una freccia. E anche lui, come nella strage di Erba, ha tentato di cancellare le prove del delitto distruggendo la palazzina.