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Ristoranti, tavoli a 2 metri. Ristoratore: così chiudo! La quadra non c’è. E ombrelloni a 5 metri…

di Alessandro Camilli |12 Maggio 2020 10:18

Ristoranti, tavoli a 2 metri. Ristoratore: così chiudo! La quadra non c'è. E ombrelloni a 5 metri... (Foto d'archivio Ansa)

ROMA – Ristoranti, tavoli a due metri di distanza l’uno dall’altro e almeno 4 metri quadrati di spazio per cliente, lo spazio che deve, dovrà, dovrebbe distanziarlo dall’altro cliente.

Sono le misure, letteralmente le misure in numeri, che varie autorità sanitarie elaborano e vanno a prescrivere non tanto per la riapertura (quasi ovunque lunedi 18 maggio) dei ristoranti, quanto per il loro uso.

Sono le giuste misure sanitarie, elaborate con il metro della massima protezione possibile dal contagio mentre si è al ristorante.

Corretta in funzione anti contagio la distanza due metri tra un tavolo e l’altro, corretta l’indicazione dei 4 metri quadrati come spazio per ciascun respiro distanziato dal respiro altrui.

Però da un capo all’altro d’Italia il ristoratore, chi lavora e vive di ristorante fa i suoi conti e lamenta, anzi constata: “Così chiudo”.

Il metro e le misure sanitarie da adottare nei ristoranti (a meno che non siano maxi locali) non coincidono, anzi contraddicono il metro e le misure della redditività, anzi della sussistenza economica del ristorante stesso.

Con le misure e il metro sanitari (giuste, non eccessive) i tavoli disponibili per i clienti e i cosiddetti coperti, cioè il numero dei clienti serviti, si dimezzano.

E se un ristorante da cento coperti passa a cinquanta, forse ce la fa. Se da venti coperti passa a dieci invece non ce la fa, non può economicamente sopravvivere.

Con il metro e le misure corrette dal punto di vista sanitario (non è che si possano adattare, la distanza anti contagio quella è) migliaia e migliaia di ristoranti e locali addetti alla ristorazione non possono farcela, se adottano davvero quel metro e quelle misure chiudono.

Con il metro e le distanze necessarie per tenere in piedi economicamente l’attività succede invece che la protezione dal contagio non è il massimo possibile, spesso e di fatto neanche la metà del massimo possibile.

Le autorità sanitarie fanno il loro, forniscono metro e misura della protezione.

I ristoratori e gli esercenti fanno il loro, conoscono metro e misura della sopravvivenza economica dell’attività.

I due metri e le due misure non solo non coincidono, sono alternativi tra loro. E una quadra non c’è.

Per cui il protocollo per i ristoranti che riaprono o in buona parte è destinato a restare teoria, concetto limite, approssimazione. Oppure molte aziende e botteghe della ristorazione non ce la faranno. E questo al netto della iniziale reticenza della clientela a ri-precipitarsi a cena fuori, tutta questa voglia di tavolate già non c’è…

Stessa dinamica per mare e spiagge. Ombrelloni a cinque metri di distanza l’uno dall’altro, prenotazione preventiva per l’ingresso in spiaggia, distanza inter personale anche tra bagnanti, anche a mare, mascherina quando dalla sdraio ci si alza per andare al bar o al chiosco…

Anche qui il metro e le misure della massima protezione dal contagio non coincidono neanche un po’ con il metro e le misure della praticabilità del mare e della redditività dello stabilimento balneare.

Anche qui il protocollo sanitario mare-spiagge o diventerà una cornice comportamentale traforata di eccezioni oppure la spiaggia attrezzata diventerà attività economica in perdita.

Terza opzione, sia per i ristoranti che per le spiagge, ma molto di nicchia: ristoranti e spiagge ad altissimo costo. Accessibili solo a chi ha voglia e portafoglio per pagarsi una sorta di sala da pranzo privata o quasi al ristorante e una sorta di salotto privato al mare.

Gli altri, tutti gli altri, i più dovranno al mare e di fronte all’idea di andarsi a fare una pizza o uno spaghetto scegliere. O un ristorante e uno stabilimento che ci prova a rispettare il metro della protezione, ci prova e un po’ si arrangia, ci prova ma alla fine il metro reale non è quello, oppure rimandare la pizza, lo spaghetto e pure il bagno a data ben oltre il 18 maggio.

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