ROMA – E’ morto Roberto Mancini, il poliziotto che ha combattuto le ecomafie nella terra dei fuochi. Lo ha ucciso un linfoma non-Hodgkin, un cancro al sangue, conseguenza dei veleni respirati durante anni di lavoro tra rifiuti tossici e radioattivi.
Ha combattuto come un leone fino alla fine dicono gli amici commossi.
“Se qualcuno avesse preso in considerazione la mia indagine –aveva raccontato a Repubblica – forse non ci sarebbe stata Gomorra.Da 11 anni lotto contro il cancro e ho fatto causa alla Camera dei Deputati dopo aver ricevuto un indennizzo di soli 5mila euro”.
Mancini è morto all’ospedale di Perugia.
Nei primi anni ’90 aveva iniziato ad indagare sul traffico illecito dei rifiuti in Campania, dieci anni prima dell’uscita di Gomorra di Roberto Saviano, consegnando anche un’informativa alla Procura di Napoli. Informativa che rimarrà nei cassetti della Procura fino al 2011.
Tra 1997 e il 2001, Mancini lavora come consulente per la Commissione rifiuti della Camera dei deputati, svolendo numerose ispezioni nelle discariche di rifiuti tossici ed è proprio in questo periodo che si ammala di Linfoma non-Hodgkin.
“Per quella commissione ho fatto decine di sopralluoghi nei posti più pericolosi – aveva raccontato Mancini alle Iene (clicca qui per guardare il servizio)– entrando in contatto con le scorie sversate dalla camorra e dalle industrie chimiche. Ho visitato le centrale nucleari italiane, in Germania siamo scesi oltre 100 metri sotto terra dove avevano interrato rifiuti pericolosi, con appena una mascherina come protezione”.
La diagnosi è del 2002, il ministero degli Interni gli riconosce solo un piccolo indennizzo da 5mila euro, come racconta Repubblica:
Nel luglio 2013 la Camera gli nega un ulteriore indennizzo. La battaglia continua. Il 6 Aprile 2014 vengono consegnate a Montecitorio oltre 20mila firme in calce a un appello che chiede che a Mancini sia riconosciuto il giusto risarcimento. La Camera promette l’apertura di un’istruttoria. A oggi la petizione di change.org è stata sottoscritta da più di 50mila persone.
Proprio su Change.org l’appello della moglie Monika:
“Spero che le sofferenze che Roberto ha dovuto sopportare per aver servito lo Stato contro le ecomafie in Campania non cadano nell’indifferenza delle istituzioni e dell’opinione pubblica e mi auguro che il suo ricordo possa servire da esempio per tutti coloro che non vogliono arrendersi a chi vuole avvelenare le nostre terre, le nostre vite”.