Roberto Zanda e il patto con Dio: “Toglimi mani e piedi ma lasciami vivere”

Roberto Zanda (foto Ansa)
Roberto Zanda (foto Ansa)

AOSTA – “Come sono sopravvissuto a 50 gradi sottozero per oltre 10 ore? A piedi scalzi in quel ghiaccio stava per vincere il senso di colpa per non aver raggiunto il risultato e vinto la gara (ero secondo) per il mio popolo sardo. Poi mi sono ripreso e ho detto al Signore: ‘Prendiamo un accordo: toglimi pure mani e piedi, ma fammi vivere, fammi tornare a casa, nella mia isola, da mia moglie Giovanna’”.

Roberto Zanda, l’atleta cagliaritano reduce da oltre 300 chilometri di Yukon Artic Ultra, la più dura ultramaratona in solitaria nei ghiacci del Nord America, ora si trova all’ospedale Parini di Aosta. E ha il 99% di possibilità di perdere tutti e quattro gli arti. Roberto è sopravvissuto oltre 10 ore a -50 gradi nella foresta dello Yukon prima dell’arrivo dei soccorsi.

“È il caso più grave di congelamento che ci sia mai arrivato, un quarto grado. La situazione di Roberto è migliorata, ma resta molto critica. Rispetto a quello che gli è successo è evidente che siamo di fronte a un fisico eccezionale, fuori dagli schemi” dice Guido Giardini, coordinatore dell’équipe di Medicina di montagna.

I medici pensano anche a un intervento mai applicato prima sul congelamento.

“Si tratta dell’autotrapianto cellulare – spiega Flavio Peinetti, direttore del reparto di Chirurgia vascolare – che consiste in un prelievo di 250 millilitri di midollo osseo il cui concentrato sarà iniettato nella pelle di mani e piedi per indurre la formazione di nuovi capillari e frenare la morte dei tessuti”.

La moglie Giovanna lo ha raggiunto ad Aosta. “Pensi com’è la vita – dice l’atleta -, prima di partire per questo ultratrail nei ghiacci dell’Alaska dovevo venire in Valle al Centro addestramento alpini per fare ambientamento. Non ci sono riuscito, ma mi ritrovo comunque qui. Vivo. La vita è così”.

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