Roma, tensione attorno alla moschea: sauditi e marocchini si “sfidano” a “colpi di finanziamenti”

ROMA – I diverbi sui conti della Moschea di Roma sono stati recentemente al centro di un giallo geopolitico con al centro la dinastia reale saudita e quella marocchina. Se si tratti di invenzioni giornalistiche o di retroscena inediti, è ancora presto per dirlo. Quello che è certo è che recentemente la grande Moschea di Roma – anche sede del Centro culturale islamico d’Italia – ha vissuto un confronto al nel suo consiglio d’amministrazione, nel quale sono rappresentate diverse comunità musulmane presenti in Italia, marocchini, sauditi, egiziani, ma anche pachistani e bengalesi.

Tutto è nato dai conti passivi dell’istituto. C’è da dire che, viste le cifre modeste di denaro che circolano, non ci si sarebbero aspettate tensioni. Eppure, i sauditi, che contribuiscono ogni anno alla moschea con finanziamenti, hanno spinto per sostituire l’attuale segretario generale, Abdullah Redouane, accusato di aver prestato scarsa attenzione alle gestione ordinaria, e di essere il responsabile dei 150000 euro di buco di bilancio.

Ma la vera questione potrebbe non riguardare la gestione della moschea. Cosa sono, infatti, 150000 euro per la facoltosa dinastia saudita? Nulla. Come pure non sono nulla per il re del Marocco che ha subito provveduto a risolvere il problema del buco con un versamento in direzione di Roma. La posta in gioco del contrasto sarebbe una battaglia per l’influenza culturale, in seno alla moschea, di una certa interpretazioni dell’Islam.

La linea politica portata avanti da Redouane – moderata, aperta al dialogo (storica la visita del rabbino capo di Roma Di Segni alla moschea), e incline alla collaborazione con il Viminale – non sarebbe gradita dai sauditi, che vorrebbero promuovere una visione culturalmente più chiusa e comunitaria, e religiosamente più rigida. In tal senso, l’arrivo nel 2010 all’interno della moschea, del dirigente saudita, Fareed Al Khotani, dovrebbe essere interpretata come un tentativo dei sauditi di aumentare il loro margine d’influenza.

Mario Scialoja, membro del Cda della Moschea, smorza i toni della polemica. L’ex diplomatico, convertitosi all’Islam negli anni 80, non crede alla tesi della lotta di potere : « Al Khotani è un diplomatico che non affianca affatto Redouane e poi non è in corso nessuna lotta di potere. A me sembrano tutte cose campate in aria ».

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