Roma, si getta da scuola a 16 anni: “Sono gay, non posso farci niente”

Pubblicato il 30 Maggio 2013 - 09:34 OLTRE 6 MESI FA

ROMA – “Sono omosessuale e non ci posso fare niente”. Un saluto alla madre che lo ha sempre amato. Una messaggio duro al padre, che la condizione di questo figlio non l’aveva mai accettata. Un messaggio di 6 righe pubblicato sul suo profilo Facebook prima di gettarsi dal terzo piano della sua scuola, l’istituto nautico “Colonna” di via Pincherle, a Roma. Il ragazzo, 16 anni appena, non sopportava più le prese in giro dei compagni. Essere gay, per quel ragazzo “mingherlino” come lo descrivono, era diventato un peso difficile da sopportare.

La vicenda evolve in pochi attimi alle 2,10 del 29 maggio. Il ragazzo parla con la sua migliore amica, convinta di essere riuscita a dissuaderlo dalla tristezza che sempre lo accompagnava, poi scrive qualcosa su Facebook. Si avvicina alla finestra della sua classe, al terzo piano della scuola in via Pincherle, la apre e si getta. “Ho visto venire giù veloce una cosa nera. Sembrava uno zaino”, dice un ragazzo ai giornalisti. Non era uno zaino, ma un ragazzo. Il giovane rimbalza su una minicar parcheggiata all’interno dell’istituto, tra lo sgomento e lo shock dei compagni e compagne, alcuni amici alcuni aguzzini, che tranquilli passavano la seconda ricreazione.

Subito i docenti lo soccorrono. Al suo fianco la professoressa di educazione fisica, l’unica insegnante donna dell’istituto e l’unica confidente di quel ragazzo silenzioso, che gli è rimasta accanto fino al ricovero in ospedale. A lei dice: “Non ci sono riuscito, sono ancora vivo, proff. Volevo solo morire, non ce la faccio ad andare avanti così”.

Figlio di genitori divorziati, 16 anni e di origini romene, era in Italia da quando aveva un anno. Vittima di un padre che non accettava la sua omosessualità, secondo i racconti degli amici, che parlano di botte e donne presentate per strappare il figlio al suo essere gay. Vittima dei bulli in una scuola dove uno dei professori ammette: “Basta rifiutare di omologarsi e indossare una camicia con un maglione girocollo per finire nel mirino. Figurarsi lui che mostrava chiare tendenze omosessuali”.

Il “classico mingherlino” lo descrive un compagno di scuola: “Statura media, corporatura esile, capelli lisci”. Un identikit fisico che secondo un assistente di laboratorio corrisponde anche a quello emotivo: “Sembrava una persona debole, non completamente integrata. Spesso se ne stava per conto suo. Mi ha dato sempre l’impressione di un ragazzo escluso”.

Il preside dell’istituto invece parla di “un gesto inspiegabile”: “È uno che studia e ha buoni voti in pagella. Non aveva mai dato modo anche solo di pensare a un gesto del genere. Siamo scioccati da quanto accaduto. Abbiamo già parlato con i compagni di classe e da domani gli affiancheremo anche la nostra psicologa. Sono sconvolto, non si sa che gli passa per la testa a questi ragazzi”.

Il ragazzo però a questo gesto, forse poi non così inspiegabile, è sopravvissuto. Ricoverato d’urgenza al San Camillo con fratture multiple alle gambe, è stato operato. Aldo Morrone, direttore dell’ospedale romano, rassicura sulle sue condizioni: “E’ consapevole, lucido ed è pentito di quello che ha fatto e adesso vuole soltanto guarire al più presto e tornare a casa e a scuola”.

Anche il pm della Procura di Roma, Eugenio Albamonte, ha parlato con il ragazzino e ha aperto un fascicolo per “atti relativi”. La polizia ha ascoltato il padre e i compagni di scuola. Nessuno è indagato al momento, ma si cercano comportamenti che abbiano potuto spingere il ragazzino all’estremo gesto, al convincimento che essere omosessuale non gli desse il diritto di vivere come tutti gli altri. Il ministro dell’Istruzione, Maria Chiara Carrozza, dichiara: “Abbiamo parlato con il preside dell’istituto nautico. La comunità scolastica sta facendo la sua parte. Seguiremo gli sviluppi”.

La vicenda però un triste sviluppo l’ha già avuto. Fratture multiple alle gambe e un miracolo per quel ragazzino che si è gettato dal terzo piano, pensando forse così di liberarsi dall’oppressione dello scherno e delle risatine continue per il suo essere “diverso” dai suoi coetanei. Una storia apparsa come un terribile dejà-vu del dramma vissuto da un liceale sedicenne, che nel novembre scorso a Roma si suicidò perché deriso per la sua omosessualità. Stavolta il ragazzo è sopravvissuto e potrà ricominciare. Avrà il tempo per lenire le ferite fisiche ed emotive che questo gesto gli lascia e che a questo gesto l’hanno spinto. Un lieto fine che lascia l’amaro in bocca.

(Foto Ansa)