Roma: veleno nei succhi di frutta di 2 bimbi, terribile accusa alla baby sitter

Pubblicato il 2 Febbraio 2010 - 12:04 OLTRE 6 MESI FA

Il quartiere romano dei Parioli

Sembra la trama di un terribile giallo quello che ha  portato sul banco degli accusati una baby sitter che deve ora rispondere di aver tentato di uccidere un bimbo di 18 mesi ed una ragazzina di sei anni. E’ avvenuto a Roma, nel quartiere Parioli, dove la “tata” avrebbe somministrato ai due bambini atropina mescolata con i succhi di frutta. La sostanza è contenuta nei colliri, ovviamente a scopo curativo, ma se assunta in dosi massicce può paralizzare il sistema nervoso ed avere anche effetti letali.

Su questo caso, che rasenta l’incredibile, si sono trovati ad indagare il pm Clara De Cecilia e gli uomini del commissariato Parioli. Tutto risale a circa un anno fa quando Tabatha P. di 31 , residente ad Alatri,  è stata arrestata in seguito alla denuncia dei genitori di due bambini che le erano stati affidati e che assisteva presso le due famiglie ai Parioli alle quali si era presentata sostenendo di essere un medico.

A mettere in sospetto gli inquirenti- secondo quanto scrive La repubblica – era stato l’atteggiamento eccessivamente zelante e sicuro che la donna aveva mostrato in occasione dei ricoveri in ospedale dei bambini, a distanza di un mese uno dall’altro. La prima ipotesi presa in considerazione, quella che il farmaco fosse stato somministrato per sedare i bambini e tenerli calmi,  è apparsa successivamente più inquietante e sostituita dal sospetto che in tal modo la baby sitter volesse dimostrare  ai genitori  dei piccoli di essere un bravo medico in grado di diagnosticare che i bimbi avevano i sintomi tipici di una intossicazione da atropina. Circostanza,quella da intossicazione da atropina, confermata dai test effettuati al policlinico Umberto I, dall’ospedale di Pavia e da quello romano del Bambin Gesù.

Sempre secondo gli inquirenti, che nel corso di perquisizioni hanno sequestrato un camice rubato all’Umberto I e alcune prescrizioni mediche, la donna vive una condizione di frustrazione e disagio psichico.  La “tata” dal canto suo ha sempre negato di aver somministrato ai bimbi la sostanza che, a suo dire,poteva essere stata assunta accide ntalmente attraverso farmaci presenti nelle abitazioni, mentre gli avvocati difensori della donna, Myriam e Francesco Caroleo Grimaldi,  hanno escluso che si possa parlare di tentato omicidio in quanto il dosaggio del farmaco non avrebbe mai potuto causare la morte.

Una perizia ha ora stabilito che  Tabatha P. può essere processata, cosa che avverrà davanti al Tribunale della Capitale.