Rosarno in corteo contro le accuse di razzismo

Pubblicato il 11 Gennaio 2010 - 15:14 OLTRE 6 MESI FA

Gli scontri a Rosarno

I cittadini di Rosarno rifiutano l’etichetta di razzisti e organizzano un corteo nel centro del Paese. La manifestazione, oltre un’ora di cammino nel pomeriggio di lunedì 11 gennaio, nasce da un’idea del comitato spontaneo dei cittadini di Rosarno e punta il dito contro lo Stato, reo, secondo gli organizzatori, di aver abbandonato la cittadina.

Ma se il paese  protesta, un recente sondaggio diffuso dalla società Demoskopika mostra che tra calabresi e immigrati l’integrazione è ancora molto lontana visto che oltre il 60% degli intervistati si dice preoccupato del «dilagare degli stranieri nelle aree urbane».

«Contro l’immagine di una città xenofoba, mafiosa e razzista veicolata dai mass media nazionali e da qualche esponente della politica e dell’associazionismo a livello regionale e nazionale» lo slogan dell’iniziativa.

Il corteo sfila in silenzio per le vie di Rosarno per oltre un’ora. Si leva solo una voce, quella del portavoce del comitato che si è costituito ad hoc, che lancia parole dure contro la politica regionale: «Non volevamo striscioni perché di questa situazione che si è creata a Rosarno riteniamo responsabili le giunte regionali che si sono succedute fino ad ora».

Durante il corteo, concluso in piazza Calvario, solo quattro applausi interroimpono il religioso silenzio. In particolare, uno parte quando al corteo si aggiunge Antonella Buzzese, la ragazza coinvolta negli incidenti di giovedì scorso. Al termine della manifestazione, anche altri ragazzi rosarnesi prendono la parola leggendo comunicati che inneggiavano alla legalità, contro le organizzazioni criminali della zona, per ribadire ancora una volta che Rosarno è una «città civile, pulita e rispettosa».

E nella giornata della manifestazione a Rosarno, prendono la parola diversi politici. Prima di tutto a parlare è il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. In un comunicato del Quirinale si legge che il Capo dello Stato sarà il 21 gennaio a Reggio Calabria per riaffermare i valori «di legalità e solidarietà oscurati dai gravi fatti di Rosarno».

Interviene anche il presidente della Camera, Gianfranco Fini: parlando a Palermo afferma che «davanti a ciò che è avvenuto risulta evidente che è necessario abolire due ‘ismi’: razzismo e buonismo. Bisogna dire no all’immigrazione clandestina, ma anche no allo sfruttamento. Gli immigrati devono avere dei doveri, ma non si può pensare che possano essere privati dei diritti».

Il presidente della Camera ha poi puntato il dito contro gli imprenditori che non mettono in regola i lavoratori stagionali. «Esistono mezzi come la legge Biagi – ha spiegato Fini – che consentono alle imprese agricole di regolarizzare gli stagionali. Se queste non lo fanno allora non meritano alcun tipo di solidarietà».

Eppure, nonostante la manifestazione di Rosarno, i numeri indicano un rapporto difficile tra calabresi ed immigrati. In un sondaggio realizzato dalla società Demoskopica ben prima delle tensioni scoppiate il 7 gennaio dopo che alcune persone non ancora identificate hanno fatto fuoco contro alcuni extracomunitari nel Paese, il 61% dei calabresi si è detto preoccupato per il dilagare incontrollato degli extracomunitari nelle città.

Tuttavia, per il 58,5% degli intervistati, l’immigrazione permette il confronto fra culture diverse. Quasi il 23%, poi, si sente realmente minacciato, principalmente da lavavetri e venditori ambulanti. L’affermazione negativa, che trova l’assenso più alto fra i calabresi intervistati (61,5%) è che «gli immigrati stanno invadendo le città; prima li controllavano perché erano pochi, ma ora arrivano in migliaia».

Un dato ancora più evidente, sottolinea Demoskopika, se riferito alla popolazione maggiorenne residente in Calabria: oltre un milione di cittadini percepisce un dilagare incontrollato degli immigrati nelle aree urbane. La frase con il secondo più alto assenso (58,5%) è a polarità positiva e sottolinea l’aspetto di arricchimento culturale che può provenire dall’incontro con la diversità perché permette il confronto tra culture diverse.

Ma più di un calabrese su due – il 53.6% – vede un nesso tra l’aumento degli immigrati e quello della criminalità. L’affermazione «gli immigrati sono necessari per fare il lavoro che gli italiani non vogliono fare» trova d’accordo il 55,1% del campione, mentre «gli immigrati tolgono lavoro agli italiani» raccoglie un minore consenso: il 33,9% è d’accordo a fronte di un 66,1% in totale disaccordo.

Lavavetri e “vù cumprà”, secondo l’indagine Demoskopika, restano i principali accusati. Comportamenti di minaccia o aggressione messi in atto da immigrati sono stati vissuti da oltre 2 calabresi su 10. Il senso di minaccia è distribuito quasi equamente fra maschi e femmine. Circa le situazioni spiacevoli, in testa si colloca il comportamento insistente dagli ambulanti o lavavetri (68%). A seguire (28%) chi ha detto di aver subito furti di oggetti personali o veicoli; il 16% di aver ricevuto aggressioni o minacce ed il 9,3% rapine in casa.

Il campione esprime una maggioranza chiara sulle regole della convivenza:il 55,7% degli intervistati, alla domanda su cosa dovrebbero fare gli uffici pubblici e i luoghi di lavoro per permettere agli stranieri di mantenere i propri usi e costumi, ha risposto che devono essere gli immigrati ad adeguarsi completamente. Quasi nessuno (il 4,2%), ha risposto che dovrebbero essere gli uffici ad adeguarsi.