«Perché? Perché ci hanno sparato? Non avevamo fatto nulla, siamo qui solo per lavorare». Omar, Ibrahim e Mohammed – i nomi sono di fantasia – sono ricoverati nel reparto di chirurgia dell’Ospedale di Gioia Tauro: dopo la rivolta dei loro connazionali sono stati feriti con colpi di fucile a pallini a Rosarno.
E dal loro letto dell’ospedale continuano a non capire il perché di tutta questa violenza visto che, dicono, non hanno neanche partecipato agli scontri. «Stavo tornando dal supermercato – racconta Omar, uno dei due immigrati feriti la sera di giovedì, l’episodio che ha scatenato la rivolta – si è avvicinata una macchina e mi hanno sparato, io non avevo fatto nulla, me ne stavo tornando a casa dopo aver lavorato nei campi». Ora è disteso in un letto d’ospedale, con le ferite all’inguine provocate dai colpi sparati dal fucile a pallini.
Di fronte a lui Ibrahim e Mohammed, i due giovani della Guinea gambizzati ieri sera. «Eravamo nel cortile di casa – raccontano, con delle vistose bende insanguinate che gli fasciano le gambe – e ci hanno sparato con un fucile da caccia, non li abbiamo neanche visti, abbiamo solo sentito i colpi». «Ma perché ce l’hanno con noi – dice Ibrahim piangendo – non abbiamo neanche partecipato alla rivolta. Siamo arrivati qui venti giorni fa per lavorare e ora non prenderemo neanche la paga». I due ragazzi non sono in pericolo di vita ma sarà difficile che potranno tornare a fare lavori di fatica: nelle loro gambe le lastre hanno evidenziato almeno una cinquantina di pallini.