ROMA – “Quasi quasi all’ambasciatore chiedo se ci siano onoreficenze anche per mio padre…” dice commosso Luca Mattioli mentre l’ambasciatore inglese, con 70 anni di ritardo, consegna tre medaglie alla madre, Rossella Banti, eroina della resistenza romana. Medaglie che le erano state assegnate alla fine della Seconda guerra mondiale ma che nessuno si era ricordato di consegnarle. E quando l’ambasciatore consegna le medaglie il figlio Luca ricorda il padre, Giuliano Mattioli, l’eroe silenzioso che inglesi chiamavano Julian Matthews, figlio di Raffaele, il grande economista e banchiere della Banca commerciale italiana.
L’intervista di Vittorio Sabadin della Stampa. Rossana era finita tra le «FANY» della No 1 Special Force, il «First Aid Nursing Yeomanry» delle forze speciali, antenate del servizio segreto MI6. Grazie all’ottimo inglese imparato dalla bambinaia di casa Banti, Rossana era un elemento prezioso per tenere i contatti con la Resistenza italiana. Toccava a lei tradurre, trasmettere, annunciare dove sarebbero stati lanciati cibo, vestiti, munizioni, armi. «Ma la cosa più carica di emozione che feci in quella base – racconta – è stata l’assistenza ai volontari che sarebbero stati lanciati con il paracadute dietro le linee nemiche. Avevano tra i 17 e i 40 anni: andavano a fare operazioni di intelligence o a rinforzare i gruppi partigiani. Fino a poche ore prima della partenza non sapevano dove sarebbero stati portati. Era commovente, straziante: per loro ero una sorella, una madre, una fidanzata. Mi hanno trattato tutti con grande rispetto, nessuno ha mai alzato una mano. Molti piangevano, mi abbracciavano, e io controllavo l’equipaggiamento, dicevo: è tutto a posto, hai preso tutto, hai fatto la pipì? Come una mamma». Nella base, Rossana conobbe anche il suo futuro marito, Giuliano Mattioli, figlio di Raffaele, il grande economista e banchiere. Giuliano liberò Firenze e Bergamo con i partigiani. In divisa inglese era chiamato Julian Matthew.
E’ stato qualche mese fa a Palermo, a casa della figlia, che Rossana Banti ha raccontato per la prima volta nel dettaglio queste cose a una coppia di nuovi amici inglesi. Lui, un ex brigadiere generale dell’esercito, una volta tornato a Londra ha cercato nei registri militari se c’erano tracce di questa incredibile donna. E come se ce n’erano: tre medaglie ancora da consegnare, assegnate dal governo di Sua Maestà per lo straordinario comportamento di una ragazza di 19 anni, che li aveva aiutati con entusiasmo e dedizione a liberare l’Italia e l’Europa da Hitler.
Che ne dice ora di quello per cui tanta gente ha lottato, ha rischiato la vita, è morta? Di questa Italia e di questa Europa? Era quello che s’immaginava? «Quando vedo in Europa che ci sono partiti che ancora si fregiano della svastica, che alzano il braccio nel saluto nazista, mi domando che cosa succede nelle scuole, e perché nessuno insegna più ai bambini i valori per i quali ci siamo battuti. E’ passato tanto tempo, si tende a dimenticare. Spero che questa mia storia sia utile, almeno per qualche giorno, a ricordare un poco».