ROMA – La Fnsi, il sindacato dei giornalisti, ha organizzato per martedì 23 ottobre dalle 17,30 una manifestazione al Pantheon per protestare contro il ddl sulla diffamazione che si sta trasformando in un testo “punisci stampa“.
Ad annunciare la manifestazione è Roberto Natale, segretario del Fnsi, che dice: “Se governo e parlamento proprio vogliono, ricominciamo a protestare senza esitazioni. L’autonomia del giornalismo e il diritto dei cittadini ad una informazione corretta sono per noi valori fondamentali in ogni stagione politica, indipendentemente dal nome dell’inquilino di palazzo Chigi. E allora martedì 23 ottobre, dalle 17,30 alle 19, saremo di nuovo al Pantheon – come già capitò al tempo della battaglia (vinta) contro il ddl intercettazioni – in contemporanea con l’arrivo in aula del disegno di legge sulla riforma della diffamazione a mezzo stampa. Soltanto un presidio, per ora, ma per marcare in modo visibile il dissenso contro quella che si sta configurando come una nuova norma-bavaglio”.
“E’ impressionante – dice Natale- il modo in cui, sull’iniziale (e condivisibile) proposito nato dal ‘caso Sallusti’ di eliminare il carcere per i giornalisti, si è innestata una serie di proposte vendicative e rancorose: quasi che si volesse cogliere l’occasione per liquidare il giornalismo più incisivo e far pagare all’informazione i conti del diffuso clima “anti-casta” che tiene sotto tiro il ceto politico. La spia più evidente e pericolosa è l’abnorme innalzamento delle sanzioni in denaro: 100mila euro (questo il nuovo massimo) sono una cifra già pesante per un grande giornale, ma rappresenterebbero una condanna a morte per tante voci medie e piccole, che dovrebbero semplicemente chiudere, e per i molti precari e freelance che una somma del genere ci mettono qualche anno a guadagnarla”.
“Inevitabile sarebbe – prosegue Natale – l’intervento diretto e invasivo dell’editore sui contenuti del giornale: direttore e capocronista non potrebbero sottrarsi ad un attentissimo vaglio preliminare di tutti gli articoli “pericolosi”, e l’effetto sarebbe l’accantonamento di ogni tema suscettibile di irritare i potenti (della politica, dell’economia o della finanza). Quanto alla rettifica, è giusto renderne più stringente l’obbligo: in materia noi giornalisti abbiamo molto da farci perdonare, perché troppo spesso abbiamo disatteso un basilare dovere professionale, nascondendo a pagina 40 la correzione di errori gridati a pagina 1. Ma se la rettifica viene fatta presto e bene, merita di essere considerata motivo di esclusione della procedibilità, cioè deve servire a fermare l’azione penale; tranne che nei casi di diffamazione grave e ripetuta, nei quali è giusto che si arrivi alla sospensione dall’attività professionale, e persino alla radiazione dall’Albo (a riprova del fatto che non stiamo certo chiedendo l’impunità per noi giornalisti: gli errori ripetuti ed intenzionali devono trovare una sanzione di corrispondente durezza)”.