San Raffaele, Formigoni scrisse a don Verzè: “Atti su misura per te”

Roberto Formigoni (Foto Lapresse)

MILANO –  “Io ho protetto Geronzi”. Queste le parole dette da Nicolò Pollari a don Luigi Verzé il 13 gennaio 2006. Come riporta il Corriere della Sera, Pollari in quel momento è il capo del Sismi (si dimetterà a fine 2006), il Servizio segreto militare. Cesare Geronzi è il presidente di Capitalia e uno dei banchieri più influenti nel mondo finanziario. Le quattro parole non sono un’indiscrezione fatta trapelare da qualcuno. La fonte è diretta, non si può equivocare: è la voce di Pollari captata dalle microspie piazzate dalla Procura nello studio del sacerdote, fondatore e presidente del San Raffaele. “Caro Roberto…”, “Carissimo don Luigi…”. Due lettere riservate tra il governatore della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, e don Verzé. Il sacerdote chiede soldi, il governatore elenca, in modo dettagliato e inconfutabile, tutti i favori fatti al San Raffaele.

Spiega il Corriere: Le cimici sono state piazzate nell’ambito di un’inchiesta sulla maga Ester Barbaglia per presunto riciclaggio (accusa poi rivelatasi infondata) del denaro del clan calabrese dei Morabito. La Barbaglia alla fine del 2004 aveva creato, nello studio di Enrico Chiodi Daelli, notaio storico del San Raffaele, una Fondazione con un patrimonio di 28 milioni destinato alla Fondazione Monte Tabor di don Verzé, ovvero l’ente al vertice del gruppo ospedaliero. È il nesso, probabilmente, che ha fatto scattare le intercettazioni. Le indagini, però, hanno subito escluso qualsiasi ipotesi a carico del fondatore del polo sanitario milanese. Tant’è che il fascicolo è rimasto sepolto e intatto per anni. Tra novembre e dicembre si era dato conto dei brogliacci, ovvero i riassunti scritti di alcune conversazioni ritenute rilevanti per le indagini.

Si spalanca così una finestra sul sistema di relazioni e di potere che aveva al centro il San Raffaele. Pollari confida al prete seduto davanti a lui le informazioni di cui è in possesso. Delinea un quadro di intrighi, lotte di potere, amici, nemici, compresi quelli, secondo lui, che attaccavano Geronzi. Già ma perché un banchiere privato godeva della protezione di Pollari e quindi del Sismi, organismo deputato a tutelare la sicurezza nazionale? E da chi doveva essere protetto?

“All’inizio era una truppa … un’artiglieria a distruggere, a distruggere – dice Pollari captato dalla microspia ambientale – chiunque venisse indicato come amico di Geronzi era messo all’indice … questa squadra che ti ho delineato … fa capo a Bernheim (Antoine, ex presidente Generali), Valori (Giancarlo Elia, dirigente d’azienda dalle fittissime relazioni) e Giulio Tremonti”. Sempre secondo Pollari, nell’asse contro Geronzi e Fazio c’era anche il pm (oggi ex) della Procura di Roma Achille Toro che aveva perquisito e indagato il banchiere di Capitalia nell’ambito dell’inchiesta Cirio. “Questo – confida a don Verzé – lo dico solo a te: Toro faceva squadra con Tremonti e con Elia Valori”.

Prosegue la ricostruzione del Corriere: Qualche giorno dopo è lo stesso Geronzi ad accomodarsi nell’ufficio dell’uomo che ha fatto grande (e indebitato) il San Raffaele. Sono amici, si danno del tu, entrambi diffidano dei comunisti. La conversazione è sciolta, su Giovanni Bazoli, Matteo Arpe, ecc… Silvio Berlusconi è sempre un comun denominatore. Dice il banchiere di Capitalia a proposito delle aziende del Cavaliere: “Non si muove foglia (che Berlusconi non voglia). Lui cerca di dare tutta la libertà a Piersilvio a Marina… però ti devo dire… non gli sfugge nulla”.

È un centro di gravità, il sacerdote, tutto passa da lui e lui si occupa di tutto, con una competenza, una curiosità e un entusiasmo coinvolgenti e sorprendenti per un uomo di 86 anni, tanti quanti ne aveva sei anni fa. E poco è cambiato anche successivamente. Sempre lui in mezzo al campo. Più che mai quando ci sono da muovere le pedine giuste tra gli amici al governo o in Parlamento. Un giorno con il ricercatore Claudio Bordignon (direttore scientifico del San Raffaele dal ’98 al 2006) commenta soddisfatto il risultato del pressing per avere i fondi pubblici per la ricerca: “Siamo riusciti a ottenere da Gianni Letta la promessa di 15 ( milioni) per il primo anno, poi 1 e 1 ( per i successivi due anni)”.

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