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Sarah Scazzi, il delitto ricostruito nella lettera di zio Michele

di Alberto Francavilla |25 Marzo 2011 20:02

AVETRANA (TARANTO) – Questo il testo delle lettera, datata 9 febbraio 2011, che Michele Misseri ha scritto al suo avvocato Francesco De Cristofaro, in cui il contadino di Avetrana si autoaccusa dell’omicidio di Sarah Scazzi. La missiva è stata scritta lo stesso giorno in cui la magistratura tarantina ha adottato per Michele e Sabrina Misseri un decreto che impediva loro, per tre mesi, di inviare e ricevere corrispondenza, fatta eccezione per le missive dirette ai loro legali. La lettera è stata letta nel corso de ‘La vita in diretta’, su Raiuno.

”Io – scrive Michele Misseri – vorrei che i carabinieri del Ris mi portassero ad Avetrana. Mi sono ricordato che sotto, nel garage, c’è una prova che mi è venuta in mente adesso di quel giorno, il 26 agosto 2010. Quando il trattore non partiva avevo lì a fianco un compressore ad aria che utilizzavo per spolverare il motore. Ero arrabbiatissimo, non riuscivo a controllarmi. In quel momento Sarah è scesa da sola nel garage e mi ha detto: ‘Zio, perché stai gridando?’.

Io non mi ero accorto di lei, e poi vedendola le ho detto: “Sarah vattene”. Ma Sarah era sempre davanti e io non volevo che stesse davanti. L’ho presa non so dove. L’ho sollevata per dirle vattene. A quel punto mi è venuto un calore alla testa. Sarah forse mi ha fatto male. Ricordo in maniera confusa che lei mi ha dato un calcio”.

”Sul trattore – spiega – tenevo appoggiata una corda. Quando Sarah si è girata, le ho messo la corda al collo. In quel momento non mi rendevo conto che la stavo uccidendo. Sarah in mano aveva il telefonino che vibrava, è caduto per terra, si è aperto in due perdendo la batteria. Sarah cadendo è andata a sbattere con la testa tra il manico e il serbatoio del compressore: ecco perché il segno sul collo sembrava una cinta e non una corda. Un’altra corda, uguale a quella usata per uccidere, è sulla motozappa che sta sotto il garage. Non volevo uccidere Sarah. Dopodiché l’ho coperta con un grosso cartone e anche il compressore perché avevo sentito mia figlia Sabrina che mi chiedeva: “Papà hai visto Sarah?”.

E io ho detto una bugia perché la povera Sarah era già morta. Ho detto a Sabrina che forse Sarah era ancora a casa sua e lei mi ha risposto: “Se arriva falla aspettare”. In quel momento ho fatto sparire il corpo di Sarah mettendolo in macchina”.

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