Scajola: “Con Matacena mai fatto affari. Quando comprai casa feci un casino…”

di redazione Blitz
Pubblicato il 12 Giugno 2014 - 13:54 OLTRE 6 MESI FA

Scajola: "Con Matacena mai fatto affari. Quando comprai casa feci un casino..."REGGIO CALABRIA – Non ha mai fatto affari con Amedeo Matacena e sua moglie Chiara Rizzo, dice Claudio Scajola ai pm. E a riprova di ciò ricorda ai magistrati l’affaire della casa al Colosseo, a dimostrazione di quanto possa essere maldestro. L’Ansa pubblica alcuni stralci dell’interrogatorio reso da Scajola ai magistrati, interrogatorio non più secretato dopo che il file audio è stato depositato al tribunale del Riesame di Reggio Calabria.

Scajola è stato arrestato con l’accusa di aver favorito la latitanza di Matacena, ex deputato Pdl.

“Non ho mai fatto affari con nessuno perché non ne sono capace. L’ultima volta che ho comprato una casa ho fatto un casino. E poi vado a fare affari con loro ..”, dice Claudio Scajola nell’interrogatorio.

“La mia preoccupazione – spiega Scajola – era sempre quella, la grandissima difficoltà economica che mi pareva di arguire” avesse Chiara Rizzo, la moglie di Amedeo Matacena, a Dubai senza passaporto dopo la condanna a cinque anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Alla domande dei pm se dal punto di vista economico ci fosse qualcosa altro che lo legasse ai coniugi Matacena, Scajola ha risposto “non ho mai fatto affari con nessuno”.

La telefonata alla Rizzo.“In questa telefonata io fui molto duro nel dirle quale era secondo me la via che avrebbe dovuto scegliere e cioè il marito sarebbe dovuto venire qua. Avrebbe sofferto ma comunque il marito latitante è peggio che in prigione”. Lo dice Claudio Scajola ai pm in riferimento alla telefonata con Chiara Rizzo in cui le dice di fare una scelta.

“Lei – prosegue Scajola – avrebbe potuto andare a visitarlo una volta la settimana. Lei avrebbe potuto cercarsi un lavoro, è una bella donna faceva la modella poteva trovare la possibilità di fare qualcosa. Io l’avrei aiutata come l’ho aiutata facendole dare una collaborazione”.

La Porsche di Chiara Rizzo.“Quello che mi fece scattare e lo feci sempre cercando di capirla, in qualche modo di assecondarla perché capivo che era sola, turbatissima, che si era trovata in un mondo opposto a quello che sapeva. Diventò un po’diverso (l’atteggiamento, ndr) da parte mia dall’episodio scatenante della macchina perché non mi tornava e dicevo non voglio sapere”.

Il riferimento è alla Porsche Cayenne che aveva la Rizzo – sulla targa della quale Scajola fece fare accertamenti dalla sua scorta – e che lei, nel suo interrogatorio, ha detto che le era stata regalata da Francesco Caltagirone Bellavista.   Scajola poi prosegue riferendo dei suoi discorsi alla Rizzo: “non ti voglio chiedere niente sei liberissima. Io ti dico che il modello di vita che devi scegliere può essere questo. Se ti vuoi di scegliere un altro motivo di vita devi sapere a cosa vai incontro. A fine gennaio le dico in maniera chiara hai già scelto ed il discorso lo faccio quando ho colto questa vicenda della macchina che mi ha dato la sensazione ..”. Quindi i pm chiedono a Scajola se dall’episodio avesse cominciato ad avere dubbi sulle reali difficoltà economiche della donna. Domanda alla quale Scajola non risponde direttamente ma il senso del discorso lascia intendere di sì.

“Se avessi parlato più chiaro non ci sarebbe tutta questa roba qua”, dice Claudio Scajola ai pm. “Pensavo – spiega – di non fare niente di male e quindi non avevo preoccupazione col telefono anche se potevo sospettare che lei (Chiara Rizzo, ndr) potesse essere controllata. Usavo un linguaggio che ha creato solo casino”.

Scajola ha anche detto che

Vincenzo Speziali mi disse che aveva incontrato diverse volte Marcello Dell’Utri. Io ho sempre arguito che lui, per la sua candidatura, dovesse cercare gli sponsor che poteva quindi anche Dell’Utri poteva essere utile. Forse dopo il casino di Dell’Utri, lui dice è tantissimo tempo che non lo vedevo”.

Speziali, nipote omonimo dell’ex senatore del Pdl, è l’imprenditore catanzarese che vive in Libano che, secondo l’accusa, si sarebbe mosso per far spostare Amedeo Matacena da Dubai, dove si trova, a Beirut e fargli avere l’asilo politico per sottrarlo all’estradizione.