Torino. Serve un disegnatore in azienda? Solo se parla piemontese

«Cercasi disegnatore per la progettazione di stalle, con diploma o laurea. Preferibilmente piemontese». Per il titolare di un’azienda di Scalenghe, in provincia di Torino, questo è il requisito per un impiegato modello. Insomma se la piccola fabbrica che produce macchinari zootecnici e agricoli ha bisogno di un esperto in progettazioe, serve non solo la mano giusta ma anche la lingua perfetta: il dialetto, e preferibilmente anche la residenza nelle campagne della zona.

All’ufficio collocamento, però, quell’annuncio di lavoro dell’Ascai non è piaciuto granché. «L’abbiamo bloccata», spiega Renato Zambon, dirigente dell’ufficio pinerolese. «Non era accettabile. Fa a pugni con tutte le norme stabilite dal ministero del Lavoro, che prevedono pari opportunità nell’accesso all’impiego e non ammettono nemmeno distinzioni di sesso».

«Abbiamo chiesto alla ditta di mandarcene una nuova che non contenga riferimenti a provenienza o etnie – racconta Zambon – Se lo faranno, la prossima settimana l’annuncio sarà inserito nella nostra banca dati»

Il signor Dario Audisio – che con il fratello Pier Giorgio e il nipote gestisce la ditta interessata spiega: «Razzista? Io? Ma non scherziamo». Mostra il suo capannone, con gli operai al lavoro. È imbarazzato, avvilito. «Guardi, abbiamo 15 dipendenti: due sono stranieri e alcuni sono nati nel Sud Italia. Le sembriamo gente che discrimina?».

«È vero, abbiamo scritto che cercavamo un addetto e preferivamo parlasse piemontese, ma solo perché il disegnatore, una volta assunto, dovrà anche andare nelle aziende della zona e avere a che fare con clienti che spesso parlano meglio il piemontese dell’italiano. Non è una scelta politica; quelle rimangono fuori dal lavoro. Questa è un’esigenza pratica».

«Non c’è nulla di “leghista”- spiega Audisio-  in passato abbiamo assunto anche persone extracomunitarie, ma a volte abbiamo visto che dopo un po’ se ne andavano, lasciavano l’azienda per tornare nel paese d’origine. Un giovane della zona, invece, oltre a conoscere bene la nostra realtà, offre maggiori garanzie: è legato al territorio, vuole tenere qui le sue radici. Insomma, è più affidabile. Questo non è razzismo; è realismo».

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