Schettino piange in aula: “Quella sera sono morto anch’io”. Oggi sentenza, rischia 26 anni

Schettino piange in aula: "Quella sera sono morto anch'io". Oggi sentenza, rischia 26 anni
Schettino piange in aula: “Quella sera sono morto anch’io”. Oggi sentenza, rischia 26 anni

GROSSETO – “Con le 32 vittime del naufragio sono morto anche io”. Francesco Schettino legge in aula una dichiarazione spontanea, si commuove, versa qualche lacrima. E’ l’unico imputato per il naufragio della Costa Concordia, è l’ultima udienza del processo, poi la sentenza. Rischia 26 anni di condanna e, sincere o meno che siano le lacrime, è chiaro che intende sensibilizzare la corte, chiederne velatamente un giudizio mite.

“Sono stato accusato di mancanza di sensibilità per le vittime: cospargersi il capo di cenere è un modo per esibire i propri sentimenti. Una scelta che non ho fatto. Il dolore non va esibito per strumentalizzarlo”, ha aggiunto poi riprendendosi. “Non è stata compreso che quel 13 gennaio sono morto anch’io. Dopo tre giorni la mia testa è stata offerta per degli interessi, da quando c’è stata la divulgazione di atti processuali” dice l’ex comandante. “Sono finito in un tritacarne mediatico: è difficile chiamare vita quella che sto facendo. È stata data un’immagine di me che non corrisponde al vero. Il processo doveva esser fatto a un intero sistema: dopo, infatti sono cambiate le normative di sicurezza in mare. Non si dovevano permettere”.

“A poche ore da una sentenza, in un processo che avrebbe dovuto coinvolgere un’intera organizzazione e invece vede me qui come unico imputato, solo a poche ore dalla sentenza e non durante i tre anni della vicenda, l’azienda (Costa Crociere ndr) minaccia licenziamenti e trasferimenti per scaricare definitivamente le responsabilità determinate dalle carenza di alcuni settori che la compongono”.

“Non a caso – ha proseguito – la gestione della sicurezza in una società di navigazione è delegata a una struttura considerata da estirpare dallo stesso amministratore delegato”. “A poche ore dalla sentenza – ha detto ancora Schettino – è innegabile l’intenzione di concludere un disegno iniziato tre anni fa, che vede ricadere ogni responsabilità di questo incidente sulla mia persona senza alcun rispetto della verità, della comprensione dell’accaduto e, soprattutto, della memoria delle vittime”.

Poi lascia cadere i fogli sul tavolo: “Basta così”.

 

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