CHIETI – Una settantina di persone, soprattutto giovani universitari, si sono riunite in presidio lunedì mattina, davanti alla prefettura di Chieti, per esprimere solidarietà e per richiedere l'immediata scarcerazione di Leonardo Vecchiolla, il 23enne, di Ariano Irpino (Benevento), studente di psicologia all'ateneo teatino arrestato perchè ritenuto tra i partecipanti all'assalto al furgone dei Carabinieri in piazza San Giovanni a Roma, lo scorso 15 ottobre.
I manifestanti parlano infatti dell'arresto del giovane come di un ''atto mediatico e strumentale alla criminalizzazione di tutti i movimenti di contestazione'' e sottolineano che ''schierarsi contro un sistema iniquo oggi significa essere un perdigiorno, un violento, un elemento patologico della societa', un pericolo da cui difendersi''.
''Il giovane arrestato – aggiungono i partecipanti al presidio – si trova da oltre una settimana nel carcere di Chieti, in totale contrasto con le più elementari norme costituzionali e del diritto, sulla base di accuse non sorrette da alcuna prova documentale, come foto o video: l'unico elemento in possesso degli inquirenti – sottolineano – è un'intercettazione in cui l'indagato racconta ad un amico dell'incendio della camionetta''.
Alla manifestazione ha partecipato anche il consigliere regionale Maurizio Acerbo (Prc), che ieri ha incontrato Vecchiolla in carcere. ''Intende continuare con lo sciopero della fame e della sete (beve solo una tazza di tè al mattino) – spiega – e spera che in settimana si cominci a chiarire la sua posizione con il ricorso del suo avvocato al tribunale del Riesame. E' molto deperito e smagrito, per questo gli abbiamo consigliato di interrompere almeno lo sciopero della sete''.
''Non possiamo tacere la nostra preoccupazione – aggiunge il consigliere – perchè, dopo i clamori dell'arresto e i giudizi sommari dei media, l'attenzione si e' spostata altrove mentre un ragazzo di 23 anni rischia di rimanere in custodia cautelare non si sa per quanto tempo e potrebbe anche essere trasferito in un carcere dalle condizioni detentive più dure''.