Il ritorno a scuola non vuol dire solo riabbracciare prof e compagni di classe. Per molti studenti, significa anche tornare a fare i conti con il bullismo. Ben 1 alunno su 5, infatti, racconta di aver subìto almeno una delle tante forme di prevaricazione in cui si concretizza il fenomeno. A segnalarlo è l’Osservatorio “Bullismo e Cyberbullismo”, condotto da Skuola.net in collaborazione con Citroën Italia, intervistando 3.000 ragazze e ragazzi tra gli 11 e i 19 anni nell’ambito del progetto “RispettAMI”.
La ricerca
L’obiettivo della ricerca è proprio quello di tracciare un bilancio del fenomeno al termine del primo anno di ritorno sistematico alla presenza in classe, essendo proprio la scuola l’ambiente dove è più frequente che abbiano origine il bullismo e il cyberbullismo. Purtroppo, anche solo considerando un periodo relativamente breve come l’ultimo trimestre di lezioni, il 13% degli adolescenti intervistati ha “denunciato” di essere stato vittima di episodi occasionali, mentre per il 7% si è trattato di vessazioni sistematiche. Ma, sin qui, abbiamo parlato di dati generali. Perché ci sono matrici di bullismo molto più frequenti di altre. Quali sono? Quelle che si concentrano soprattutto su tre grandi macro-aree: l’aspetto, l’identità sessuale, l’etnia o l’origine.
Il cosiddetto “body shaming” – che punta a sottolineare, a scopo denigratorio, i difetti fisici o, peggio ancora, eventuali disabilità – è in assoluto la più sfruttata dai bulli. Al secondo posto di questa poco onorevole classifica troviamo, poi, l’orientamento sessuale. In terza posizione, i pregiudizi di natura razzista. Non solo.
Il bullismo, per alcune “categorie” di Zedders, diventa ancora più pressante e presente nella quotidianità.
Dal punto di vista anagrafico, a finire nel mirino dei bulli sono in particolare preadolescenti e giovani adolescenti: nella fascia d’età 11-16 anni, mediamente il 22% del campione ne è stato vittima negli ultimi mesi; dopodiché, man mano che si cresce, per fortuna i numeri iniziano a scendere. Ma, a volte, è il “genere” che può fare grande differenza, nel bene e nel male.
Le femmine, ad esempio, sono molto più esposte al “body shaming” rispetto ai maschi: circa 1 ragazza su 3 è stata recentemente colpita da questo tipo di attacchi, mentre tra i ragazzi la frequenza scende a 1 su 6. Ancora peggiore, se possibile, è la condizione di quei giovani che non si riconoscono nel tradizionale binomio di genere maschio-femmina. Le ragazze e i ragazzi che si definiscono “non binari”, infatti, sono i più vessati in assoluto. Sotto ogni punto di vista: addirittura 4 su 10 sono stati vittime di bullismo proprio per il loro orientamento sessuale, oltre un terzo (35%) è stato come minimo preso in giro per l’aspetto fisico. Gettando le basi per un’adolescenza davvero complicata. E, come se non bastasse, all’orizzonte si affacciano, soprattutto nell’ambito digitale, nuove forme di vessazione che, più o meno sottilmente, possono avere un impatto negativo sulla psiche di chi le subisce.
Una di queste è il cosiddetto “orbiting”, ovvero la pratica che vede una sorta di controllo esterno sui propri canali social da parte di un ex partner – senza alcuna comunicazione diretta ma limitandosi a commentare o lasciare reactions – dopo la conclusione della relazione sentimentale: pur essendo un comportamento codificato solo di recente, ne è già stata vittima il 35% dei giovani coinvolti nella ricerca.
Provocando conseguenze da tenere sotto osservazione, in particolare turbamento (in quasi 3 casi su 10), rabbia (per 1 su 4) e tristezza (per 1 su 5). Meno della metà (42%) sostiene invece di non esserne stata in alcun modo “toccata”. Anche qui, nemmeno a dirlo, le “categorie” più colpite sono le ragazze e i “non binary”. A loro, ad ogni modo, è andata comunque meglio rispetto a quanti devono subire un’intromissione ancora più invasiva nella sfera privata, che si concretizza nella circolazione sul web – senza il proprio consenso – di materiali intimi, spesso estorti, da parte di un partner. Stiamo parlando del cosiddetto “non consensual sharing”, una delle manifestazioni più fastidiose del più ampio “revenge porn”: seppur ancora adolescente, ci si è imbattuto almeno una volta il 14% degli intervistati (1 su 7).
Un dato che praticamente raddoppia tra coloro che si riconoscono in identità di genere non binarie: al 27% di loro è capitato almeno una volta nella vita di subire questa “aggressione” della propria intimità.