Sea Watch, pm: “Carola Rackete non ha agito in stato di necessità”. Il Viminale: “Pronti ad espellerla”

di redazione Blitz
Pubblicato il 1 Luglio 2019 - 19:12| Aggiornato il 2 Luglio 2019 OLTRE 6 MESI FA
Sea Watch, Carola Rackete ai domiciliari fino a martedì: "Credevo che la motovedetta si spostasse"

Sea Watch, Carola Rackete ai domiciliari fino a martedì: “Credevo che la motovedetta si spostasse”

AGRIGENTO  –  “Ho agito per stato di necessità, i migranti minacciavano il suicidio, non potevo attendere oltre. Credevo che la motovedetta si spostasse, non volevo colpirli”: con queste parole si è giustificata Carola Rackete, comandante della Sea Watch 3, interrogata per due ore e mezza ad Agrigento davanti al giudice per le indagini preliminari. 

Rackete ha rivendicato ogni scelta fatta dal 12 giugno, il giorno che a 47 miglia dalla Libia ha soccorso una sessantina di migranti, fino alla notte del suo arresto, 17 giorni dopo, quando per l’ennesima volta ha violato i divieti della Guardia di Finanza ed ha attraccato di forza al molo di Lampedusa. E, come aveva già fatto rivolgendosi direttamente ai finanzieri, ha confermato che non aveva intenzione di far male a nessuno: “Mi ero resa conto dell’ormeggio in banchina della motovedetta ma credevo sinceramente che i finanzieri si spostassero mentre io mi avvicinavo. Ho commesso un errore, non volevo colpirli”.

L’interrogatorio della capitana della Sea Watch è durato poco meno di 3 ore: Rackete è arrivata in tribunale ad Agrigento direttamente da Lampedusa, dove era ai domiciliari, con una motovedetta della Guardia di Finanza che l’ha sbarcata sul molo di Porto Empedocle. E ha risposto al giudice, dicono gli stessi pm al termine, in maniera “collaborativa, serena ed estremamente lucida”.

La Procura di Agrigento, con in testa Luigi Patronaggio e l’aggiunto Salvatore Vella, ha chiesto la convalida per i reati 1.100 del codice della navigazione che è resistenza a nave da guerra e 337 del codice penale, resistenza a pubblico ufficiale. “La comandante di Sea Watch, Carola Rackete, non ha agito in stato di necessità. Abbiamo proceduto all’arresto perché, a nostro parere, non era obbligata ad entrare in porto violando l’alt della Guardia di Finanza”, ha detto il procuratore della Repubblica di Agrigento Patronaggio. “A nostro parere la misura cautelare del divieto di dimora è commisurata al fatto”. 

Il procuratore ha anche precisato che lo stato di necessità invocato per il salvataggio dei migranti sarà invece al centro dell’altro fascicolo sulla vicenda, quello in cui la comandante è indagata per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per il quale sarà sentita nei prossimi giorni. In questo caso i pm verificheranno se i porti libici possono ritenersi sicuri, se la zona sar libica sia efficacemente presidiata e, soprattutto, se vi siano stati contatti tra i trafficanti di esseri umani e la Sea Watch.

Opposto il parere della difesa della comandante. “La signora Rackete ha agito in uno stato di necessità e non aveva alcuna intenzione di usare violenza nei confronti degli uomini delle Fiamme Gialle”, ha detto, prima di entrare in aula per l’interrogatorio, l’avvocato Leonardo Marino, uno dei difensori di Rackete. “La mia assistita ha cercato in ogni modo di evitare questo epilogo – ha aggiunto il legale – ma non poteva attendere oltre, la situazione a bordo della nave era drammatica”.

L’interrogatorio è durato circa tre ore. L’ordinanza di convalida o meno del fermo verrà emessa martedì 2 luglio. Nel frattempo Rackete, 31 anni, passerà la notte agli arresti domiciliari in una abitazione privata di Agrigento, ma potrebbe poi lasciare l’Italia. Il Viminale ha infatti pronto il decreto di espulsione della comandante della Sea Watch, ritenuta dal ministero dell’Interno pericolosa per l’ordine e la sicurezza pubblica. (Fonti: Ansa, Agi, La Repubblica)