Sentenza Mondadori, “Il Giornale” attacca De Benedetti

Carlo de Benedetti e Dario Franceaschini del Pd (LaPresse)

ROMA – Il quotidiano “Il Giornale” della famiglia Berlusconi è schierato nella difesa del presidente del Consiglio, condannato a dover risarcire con 560 milioni la Cir di De Benedetti.

In un articolo pubblicato il 10 luglio, “Il Giornale” a firma di Carlo Maria Lomartire dal titolo   “Quando il Ciarra disse: ‘Non ci saranno strascischi’” viene raccontato quello che accadde durante la cosidetta “guerra di Segrate” sul controllo della Mondadori.

In un secondo articolo a firma invece Salvatore Campo, il quotidiano della famiglia Berlusconi racconta che la Cir di De Benedetti avrebbe un indebitamento finanziario netto consolidato superiore ai 2 miliardi di euro.

Quando il Ciarra disse: ‘Non ci saranno strascischi'”. Carlo Maria Lomartire racconta: “‘Impossibile, ci sono le firme e soprattut­to c’è la parola di due gentiluomini’. Proprio così, parlando di parola data e di gentiluomi­ni, mi rispose Giuseppe Ciarrapico, annun­ciando, di fatto, la conclusione della ‘Guerra di Segrate’. ‘Dottor Ciarrapico, accordo rag­giunto, dunque?’. ‘Si, finalmente, dopo due mesi di trattative che avrebbero ammazzato un toro’. ‘Lei pensa che ci saranno altri stra­scichi, altri ricorsi, altre richieste?’ ‘Assoluta­mente no. Non vedo come. L’accordo è stato firmato dalle due parti, da Carlo De Benedetti e da Silvio Berlusconi. Non c’è più spazio per colpi di scena, e soprattutto c’è la parola di due gentiluomini'”.

“Così parlò Ciarrapico. E io fui il primo a in­tervistalo – racconta Lomartire –  sulla conclusione di quella este­nuante mediazione, verso l’una del mattino, per l’ultima edizione del Tg2 . Il telegiornale che era già in onda e anzi ormai stava per chiu­dere, verso l’una del mattino di quella notte di aprile del 1991 al Palace Hotel di Milano. Un aprile già caldissimo benché, a quei tempi, nessuno parlasse ancora di riscaldamento globale.Sarebbe semplicemente ridicolo da­re dell’ingenuo a Giuseppe Ciarrapico, esper­tissimo navigatore nei marosi e tra gli scogli della politica romana, considerato molto vici­no a Giulio Andreotti, chiamato dal suo ami­co, il principe Carlo Caracciolo, socio di De Benedetti, a trovare finalmente una soluzio­ne di compromesso, dopo la sentenza sul lo­do Mondadori, per chiudere uno scontro che si trascinava da anni. No, non è mai stato un ingenuo, Ciarrapico, ma quella notte era cer­tamente in buona fede. Allora ero alla Rai e in quei mesi seguivo da Milano per i Tg le due grandi vicende finanzia­rie in corso, che stavano segnando l’inizio del­la fine della Prima Repubblica, anche se nes­suno lo immaginava: il caso Enimont e quella che tutti chiamavano ‘la guerra di Segrate’, lo scontro De Benedetti-Berlusconi per il con­trollo della Mondadori”.

Racconta l’articolo de “Il Giornale”: “Nel pomeriggio mi ero installato, con molti altri colleghi di tutte le testate, nella hall del Palace, dove era in cor­­so la trattativa, perché se ne prevedeva la con­clusione. Dopo la mezzanotte tutti gli altri ave­vano mollato, ero rimasto solo io. In realtà sa­pevo, per certo, che avrebbero chiuso in not­tata. Caracciolo non partecipò a quell’ultimo round perché – ma lo capii dopo – aveva già messo in salvo la sua roba. Infatti La Repubbli­ca e il gruppo Finegil ( quotidiani locali) sareb­bero rimasti a lui e all’Ingegnere. Il principe lo sapeva, ma comunque anche lui restò dove­­rosamente lì ad aspettare la chiusura della vi­cenda: sonnecchiava in maniche di camicia e cravatta allentata, disteso su un divano della hall. Per fortuna il fornitissimo bar era stato molto cortesemente messo a nostra disposi­zione dal direttore dell’albergo e il caffè ci fu di grande aiuto. Finalmente, verso l’una, l’ul­timo telegiornale Rai, il Tg2 , stava per conclu­dersi quando improvvisamente, da una dire­zione non prevista, comparve Ciarrapico, ac­caldato, stropicciato ed evidentemente esau­sto, seguito da Fedele Confalonieri”.

“Avevo a disposizione uno dei primi cellula­ri in circolazione e in dotazione ai giornalisti della Rai, il mitico e indistruttibile Nec, detto anche ‘mattonella’. Mentre con quel primiti­vo telefonino avvertivo la redazione che forse avrei fatto in tempo a intervistare Ciarrapico, gli operatori riposizionavano velocemente le macchine e io saltavo al collo della mia preda. Fui il primo a dare, con la voce di Ciarrapico, la notizia dell’accordo, quasi sulla sigla di chiusura: la Mondadori era di Silvio Berlusco­ni. Il direttore del Tg2, Alberto La Volpe, uno straordinario e compianto signore, mi chia­mò immediatamente per complimentarsi”.

Racconta ancora Lomartire: “Dopo Ciarrapico abbordai anche Confalo­nieri e Caracciolo, che intanto si era svegliato, con la stessa domanda: ‘Vicenda chiusa, dun­que? Ci saranno ripensamenti, contraccolpi, ritorni di fiamma?’. ‘Assolutamente no – mi risposero- , è impossibile, ci sono le firme e, so­prattutto la parola di due grandi imprendito­ri, due persone serie’. Anche loro non erano certo due ingenui, eppure anche loro si sba­gliavano”. 

Conclude l’articolo de “Il Giornale”: “‘Mediatore’. Così l’imprenditore commentò la fine della ‘Guerra di Segrate’. Poi, 20 anni dopo…”

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