Senza stipendio in fondo alla miniera, assunte anche per voto di scambio

di Redazione Blitz
Pubblicato il 18 Dicembre 2014 - 11:42 OLTRE 6 MESI FA
Un momento dell'occupazione della miniera (foto Ansa)

Un momento dell’occupazione della miniera (foto Ansa)

ROMA – Erano rimaste 11 giorni in fondo alla miniera Villamaria, Iglesias, per avere gli stipendi arretrati. Sono finite indagate per voto di scambio: secondo l’accusa sono state assunte in cambio di voti. E’ uno dei particolari dell’inchiesta che ha coinvolto la Igea, società della Regione Sardegna che si occupa della messa in sicurezza e bonifica delle aree minerarie.

Quando i carabinieri quasi due anni fa hanno iniziato a indagare, Igea aveva un passivo di circa otto milioni di euro. Nel corso degli anni la Regione ha investito nella società fiumi di denaro, una parte del quale è stato “rosicchiato”, secondo gli inquirenti, con furti, regalie in cambio di voti per le elezioni, uso e abuso di mezzi aziendali, da dipendenti e dall’ex presidente.

L’inchiesta “Geo&Geo” ha portato all’arresto dell’ex presidente della società, Giovanni Battista Zurru, di 76 anni, finito ai domiciliari, e dell’ex sindacalista Marco Tuveri, di 62, in carcere a Uta. Provvedimento di obbligo di dimora invece per la segretaria Daniela Tidu, di 40. Indagate 63 persone, fra le quali spicca il nome del consigliere regionale e leader dell’Udc Sardegna Giorgio Oppi, ma anche quello di alcune donne – tra queste la stessa Tidu – che nel novembre scorso per 11 giorni hanno trascorso la notte nella miniera di Villamaria per ottenere lo sblocco degli stipendi arretrati e il rilancio dell’Igea. Le ipotesi di reato sono peculato, turbata libertà degli incanti, truffa e voto di scambio.

I carabinieri della Compagnia di Iglesias hanno portato alla luce quello che è stato definito il “Sistema Igea” in cui avvenivano furti di carburante, attrezzature e materiali della società, ma anche in cui venivano truccati gli appalti e si davano in cambio contratti a termine o lavori di “somma urgenza”, in cambio di pacchetti di voti.

Secondo gli investigatori si trattava di un sistema circolare chiuso che permetteva il controllo economico e politico del territorio attraverso la gestione illecita dell’azienda; la gestione illegale di beni e risorse pubbliche; gli appalti truccati con dismissione illegale di beni dell’azienda; il controllo delle assunzioni a tempo determinato o concessioni di beni al fine di ottenere voti alle elezioni o favori personali.

I riflettori degli inquirenti si sono concentrati sul periodo (da maggio 2009) in cui Zurru, politico sardo, è diventato presidente della società e si è subito avvalso dell’aiuto di Tuveri, operaio dell’Igea, e poi sindacalista diventato suo braccio destro e autista, legato da una relazione con Daniela Tidu dipendente del Parco Geo Minerario e segretaria della Igea.

Grazie alla sua posizione come sindacalista e come collaboratore del presidente, ma secondo gli investigatori anche con l’aiuto di altri dirigenti della società e sindacalisti, Tuveri insieme con Murru avrebbe utilizzato i mezzi della società con i quali avrebbero raggiunto ristoranti, centri commerciali o addirittura per recarsi a cercar funghi. Ma non solo. Avrebbero utilizzato un locale della miniera di Masua nel quale veniva stoccato materiale e il gasolio rubato dai mezzi aziendali, alcuni di valore storico, poi diventati regalie per il voto di scambio.