ROMA – Lapidi in marmo, tettoie e rifiniture in rame, persino i fiori. Nei cimiteri si ruba e tanto. Il fenomeno è diffuso dal nord al sud Italia e i “tombaroli” hanno ben poco riguardo nei confronti di chi, inconsapevole dei furti, tenta di riposare in pace. Niente si salva nell’arraffare nei cimiteri: i vasi spariscono, così come le lettere che scandiscono i nomi dei morti, dai nomi famosi a quelli delle persone normali, loro che riposano fianco a fianco.
Flavia Amabile su La Stampa racconta il fenomeno:
“È un fenomeno diffuso in tutt’Italia, da Narni a Torino, da Livorno a Pinerolo e Varese. Ed è in forte aumento. A Osio di Sotto, in provincia di Bergamo, nella notte della Befana, hanno rubato un intero tetto di rame,la copertura del magazzino del custode. In genere la tecnica prevede che i ladri entrino nel cimitero poco prima della chiusura, in particolare nei mesi invernali quando fa buio presto ed è più facile passare inosservati. Staccano tutto quello che è di bronzo, di rame, o di ottone. Ma anche busti di marmo, lapidi o sculture nel caso di furti su commissione. Raccolgono il materiale in un punto preciso e il giorno dopo tornano con un’auto o un furgone a prendere il bottino. In genere si pensa che i ladri siano stranieri ma l’ultimo finito in manette due settimane fa era un romano di 48 anni, l’hanno trovato con 150 chili di oggetti rubati sotto la metropolitana”.
Vittorio Borghini, direttore della Divisione Cimiteri Capitolini dell’Ama, spiega a La Stampa:
«Il fenomeno è in aumento però bisogna dire una cosa: la custodia e la vigilanza dei cimiteri è compito del sindaco che ha le forze di polizia locale e di sicuro può muovere altre leve attraverso il comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica e la prefettura».
Nonostante la vigilanza, non c’è modo di fermare i ladri:
“«E’ già stato un buon risultato – assicura Borghini – da parte nostra riuscire a distrarre mezzo milione per la sicurezza e la vigilanza. Temo però che più di tanto non si riesca a fare. Il sistema delle telecamere tanto invocato da tutti come la panacea è un sistema parziale. Se non c’è un meccanismo a garantire il pronto intervento ogni volta che la telecamera registra qualcosa di anomalo resta solo un esercizio di mera registrazione dei dati. Che possono servire, e sono serviti tante volte, anche a fornire prove in sede d’indagine. Però non forniscono al cittadino quello che lui chiede, la sensazione che ci sia qualcuno che interviene immediatamente nel momento in cui c’è bisogno»”.
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