Simona Riso, parla lo psichiatra: “Mi raccontò dello stupro”

Simona Riso, parla lo psichiatra: "Mi raccontò dello stupro"
Simona Riso, parla lo psichiatra: “Mi raccontò dello stupro”

ROMA – “Simona Riso mi raccontò dello stupro in famiglia“. Lo psichiatra del San Camillo che seguì Simona, la ragazza di 28 anni morta a Roma dopo la caduta dal terrazzo, racconta il suo arrivo alla clinica Villa Armonia e i tentativi di suicidio precedenti.

Raffaella Troili su Il Messaggero riporta le parole di uno psichiatra, a cui Simona disse:

“«Sono stata violentata, non una volta ma spesso, quando ero più piccola, da un parente»”.

Arrivata alla clinica, la ragazza aspettò un mese prima di confidarsi:

“«Per testarci, sfidarci, vedere se poteva fidarsi di noi. Non l’abbiamo rimproverata, le abbiamo solo chiesto: come mai?»”.

Quando Simona subì la violenza era una bambina e l’orco della sua storia un parente. Da qui la paura di non essere creduta:

“«Come accade in questi casi aveva paura di non essere creduta. Ma voleva liberarsi di un peso e dopo un mese di silenzio in cui ci studiò, finalmente si aprì: prima titubante, poi convinta che ce l’avrebbe fatta»”.

Per affrontare quel trauma gli psichiatri convocarono la mamma di Simona, il fratello e la sorella Nunzia:

«pensava di non avere voce e spazio mentre ora con noi a fianco si sentiva più forte. La mamma rimase in silenzio, non fece commenti, forse parlarono in privato. Trovammo sponda solo nella sorella Nunzia, riallacciarono il rapporto, le mandammo insieme in vacanza con l’impegno che Simona rientrasse da noi al ritorno per finire il nostro lavoro. Ma volle andare a Milano con la sorella, eravamo un po’ preoccupati ma le trovammo un terapeuta che la potesse seguire. Sappiamo che l’ha fatto».

I medici ricordano la ragazza, con cui erano riusciti ad instaurare un legame:

“La ragazza a 26 anni con loro era riuscita a tirar fuori il rospo, quelle violenze reiterate, subite quando aveva 14-15 anni, in silenzio sentendosi doppiamente colpevole, «nessuno mi crede, sarà colpa mia?». Tra i 19 e i 26 anni aveva provato a star meglio, la nuova vita a Roma l’aveva stordita ma altre violenze erano accadute”.

Ma alla fine altri incontri sbagliati l’avevano segnata:

“«Si dava anche la colpa di incontrare uomini che la picchiavano, non è escluso che fosse lei a testarli, provocare reazioni»”.

I fantasmi del passato la perseguitavano e forse alla fine hanno vinto sulla sua voglia di vivere:

” I carabinieri all’inizio dell’indagine sono andati ad ascoltare il dottore come pure la sorella. Forse gli unici che la conoscevano davvero. Non c’è stato bisogno di fornire tanti particolari, avevano già sospetti ed elementi. Volevano solo sapere se «l’ipotesi di una sofferenza passata fosse una strada percorribile»”.

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