ROMA – “La qualificazione del fatto come omicidio preterintenzionale è già stata disattesa sia dal GIP che dal tribunale del Riesame. Non abbiamo avuto ancora la notifica dell’avviso ex art. 415 bis e pertanto riteniamo che se non sono sopravvenute nuove emergenze processuali, cosa che francamente ci sentiamo ragionevolmente di escludere, non ci sembra corretta giuridicamente l’ipotesi di reato formulata a carico di Mulè”.
Con queste parole Antonio Buttazzo legale di Soter Mulè smentisce l’ipotesi di un’accusa a carico del suo assistito di omicidio preterintenzionale.
Mulé, 44 anni, è l’unico indagato per la morte di Paola Caputo, 23 anni, avvenuta la notte tra il 9 e il 10 luglio dell’anno scorso durante un gioco erotico in un garage di un palazzo affittato in parte dall’Agenzia delle Entrate e in parte dall’Enav in via di Settebagni. E proprio oggi, 21 marzo, la Procura di Roma ha chiuso l’inchiesta: atto che prelude la richiesta di rinvio a giudizio.
Nei suoi confronti, secondo l’Ansa, il procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani e il sostituto Maria Letizia Golfieri contesterebbero i reati di omicidio preterintenzionale e lesioni dolose gravi per aver mandato in coma un’altra ragazza coinvolta nella pratica conosciuta come shibari, una sorta di bondage giapponese. I pm, nel formulare l’accusa, non hanno tenuto conto di quanto stabilito dal gip e poi dal tribunale del Riesame secondo i quali il fatto contestato a Mulè andava qualificato come omicidio colposo in virtù del consenso fornito dalle due ragazze alla pratica erotica.
Per l’accusa l’ambito in cui è avvenuto il gioco tra i tre e’ stato in qualche modo illecito altrimenti non ci sarebbe stato bisogno di chiedere il consenso alle due ragazze e non sarebbe stata necessaria la presenza di strumenti per soccorrere i partecipanti al gioco. Con la chiusura delle indagini, la difesa dell’ingegnere, rappresentata dagli avvocati Antonio Buttazzo e Luigi Di Majo, ha venti giorni per presentare memorie o documenti integrativi o sollecitare un nuovo interrogatorio.