Spari Palazzo Chigi. Luigi Preiti, la perizia psichiatrica: “Era lucido”

Spari Palazzo Chigi. Luigi Preiti, la perizia psichiatrica: "Era lucido"
Spari Palazzo Chigi. Luigi Preiti, la perizia psichiatrica: “Era lucido” (Foto Lapresse)

ROMA – Luigi Preiti, l’uomo che il 28 aprile scorso, durante l’insediamento del governo Letta, sparò ai carabinieri di fronte a Palazzo Chigi, era “lucido e perfettamente capace di intendere e di volere”. La perizia psichiatrica non lascia scampo e apre nuovi scenari sinora rimasti in ombra rispetto a quanto accaduto prima della sua partenza dalla Calabria verso la Capitale.

Corriere della Sera e Messaggero riportano ampi stralci della perizia disposta dal gup Filippo Steidl e firmata dal professor Pietro Rocchini. Preiti soprattutto non ha mai pensato al suicidio. Scrive Rocchini:

“La spinta suicidaria sembra essersi fermata a livello di pensiero senza alcun reale tentativo di messa in pratica. L’uomo mostra caratteristiche di personalità con larvata costante conflittualità nei confronti dell’ambiente (soprattutto “classe politica”, “Stato” e i suoi rappresentanti). Anziché un autentico desiderio di morte, si rileva una “aggressiva ricerca” di riconoscimento pubblico, con l’immaturo desiderio di trasformarsi in una sorta di eroe vendicatore, pubblicamente riconosciuto”

Restano però avvolti nel mistero alcuni nodi cruciali: chi gli fornì l’arma con la matricola abrasa? C’era un disegno dietro quell’attentato? Di certo, scrive il medico nelle sue conclusioni, c’è che

“al momento del fatto l’imputato presentava un modesto disturbo depressivo. Tali componenti non avevano rilevanza psichiatrica forense e dunque per le loro caratteristiche e intensità non incidevano in modo significativo sulla sua capacità di intendere e di volere. Non vi è nulla che possa far dubitare della sua piena capacità di intendere e volere al momento dei fatti”.

Ci sarebbero poi circostanze che rivelano una personalità diversa da quella che Preiti ha cercato di fornire agli inquirenti. E’ lo stesso attentatore che confessa allo psichiatra:

“La cocaina mi faceva parlare, stare bene, pensavo a divertirmi per partecipare al meglio alle mie “seratine”. Anche se la decisione di venire a Roma l’avevo presa prima di prendere la cocaina”.

Per questo il medico esclude che ci siano ostacoli allo svolgimento del processo. E pure le lettere inviate al brigadiere Giuseppe Giangrande, in seguito all’attentato, furono da ritenersi “strumentali”.

“Preiti ha ripetutamente parlato dei suoi sensi di colpa per quanto commesso, ma sempre senza mostrare quell’elaborazione depressiva che ne è la naturale conseguenza e, pur con una certa stereotipata teatralizzazione, senza un’autentica partecipazione emotiva. L’aver scritto alle vittime dichiarando di “non avercela con i carabinieri” colpiti, sembra invece dare a tutto questo una diversa valorizzazione: la volontà di conquistare e mantenere il centro del palcoscenico”.

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