PALERMO – La Corte Costituzionale ha accolto il ricorso presentato dal capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in merito alle intercettazioni effettuate dalla Procura di Palermo nell’ambito dell’inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Le registrazioni delle telefonate tra il Presidente Napolitano e l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, andavano distrutte.
Secondo i giudici della Consulta: “Non spettava alla Procura di valutare la rilevanza delle intercettazioni né di omettere di chiederne al giudice l’immediata distruzione ai sensi dell’articolo 271 del codice di procedura penale e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del loro contenuto, esclusa comunque la sottoposizione della stessa al contraddittorio delle parti”. La Corte Costituzionale sancisce così il diritto alla riservatezza del Capo dello Stato. Ora le registrazioni andranno distrutte.
Nessun commento dai giudici palermitani. “Ne prendiamo atto“, si è limitato a ratificare il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo. Poi ha aggiunto: “In ogni caso dovremo leggere le motivazioni”, che saranno depositate a gennaio.
Si conclude così uno scontro istituzionale non indifferente, tra i magistrati palermitani che ritenevano quegli ascolti fortuiti, poiché l’intercettato era l’ex ministro e la massima carica dello Stato che non poteva essere intercettato.
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