Stefano Cucchi, la telefonata dei carabinieri al 118: “Abbiamo un detenuto che trema, non si muove”

Stefano Cucchi, la telefonata dei carabinieri al 118: "Abbiamo un detenuto che trema, non si muove"
Stefano Cucchi, la telefonata dei carabinieri al 118: “Abbiamo un detenuto che trema, non si muove”

ROMA – “Pronto, abbiamo un detenuto che sta male, trema, dice che soffre di epilessia”. Così diceva al telefono col 118 un carabiniere della caserma di Tor Sapienza, la notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009. E’ la notte in cui Stefano Cucchi è stato arrestato e, stando a quanto sinora emerso al processo, fu pestato. 

L’audio della telefonata è contenuto nelle carte depositate dall’accusa alla I Corte d’Assise del Tribunale di Roma. Un carabiniere della caserma di Tor Sapienza chiama il 118 per chiedere assistenza. Poche ore prima, è la ricostruzione dei pm, nei locali della non lontana caserma Casilina, Cucchi sarebbe stato pestato a sangue dai due militari che lo avevano tratto in arresto. Trasferito a Tor Sapienza, Stefano comincia a stare male. 

E’ avvolto in una coperta e trema: “Non riesce a muoversi”, dice il piantone di guardia alla centrale operativa del 118.  “Dice che soffre di epilessia. Fisicamente sta male – spiega – ha tremore, non riesce a muoversi”. All’altro capo del telefono dicono che manderanno un’ambulanza, e chiedono: “Ma è tranquillo il soggetto?”, e il carabiniere risponde “Sì, ma lo accompagniamo noi”. Di lì a poco arriverà un’ambulanza, ma ripartirà vuota.

Sale intanto di livello la nuova indagine della procura di Roma sulla morte del geometra romano. Il procedimento sta portando alla luce una storia, come ha ammesso il pm Giovanni Musarò, “costellata di falsi, da dopo il pestaggio e proseguita in maniera ossessiva anche dopo la morte del giovane”.

Gli inquirenti vogliono fare luce sulla presunta attività di “inquinamento probatorio” e definire la scala di ordini gerarchici impartiti quella notte, che avrebbe “indirizzato in modo scientifico prove verso persone che non avevano alcuna responsabilità”. Le strade portano ai vertici del Gruppo di Roma all’epoca dei fatti e in particolare sull’attività dell’allora numero due, il tenente colonnello Francesco Cavallo, finito nel registro degli indagati.

Cavallo, secondo i pm, è stato il “suggeritore” delle modifiche da apporre all’annotazione di servizio sullo stato di salute di Cucchi. L’ufficiale dell’Arma potrebbe essere presto convocato in procura per essere interrogato. A tirarlo in ballo è stato il luogotenente Massimiliano Colombo, comandante della stazione Tor Sapienza dove Cucchi venne trasferito per alcune ore proveniente dalla caserma Casilina, teatro, per ammissione di uno degli imputati nel processo davanti alla I corte d’Assise, del pestaggio del 31enne.

Negli atti depositati mercoledì dalla Procura anche una intercettazione in cui Colombo parla, a settembre scorso, con suo fratello della vicenda Cucchi. “Se hanno indagato me – afferma al telefono – allora dovranno indagare anche Cavallo, dovranno indagare Casarsa, dovranno indagare Tomasone”. Di fatto la linea di comando che all’epoca dei fatti guidava l’Arma nella Capitale.

Al momento in Procura continuano a ribadire che non sono indagati sia il generale Vittorio Tomasone, attuale numero uno del Comando interregionale dei carabinieri, che il generale Alessandro Casarsa, comandante del reggimento Corazzieri del Quirinale. I due, questo è certo, verranno sentiti nel processo a carico di cinque carabinieri la cui prossima udienza è stata fissata al 7 di novembre.

Audizioni ancora non calendarizzate ma che potrebbero avvenire già a gennaio. Dall’analisi dei documenti depositati dalla procura resta centrale, in questo filone, il ruolo del Gruppo di Roma. Ne parla al pm anche Gianluca Colicchio, il piantone che ebbe in custodia Cucchi a Tor Sapienza, sentito come testimone negli uffici di piazzale Clodio alcuni giorni fa: “Il maggiore Luciano Soligo (all’epoca dei fatti numero uno della compagnia Talenti Montesacro e indagato per falso ndr) non si trovava in una situazione molto diversa dalla nostra, nel senso che anche lui stava dando esecuzione ad ordini provenienti dalla sua gerarchia”, ha spiegato Colicchio.

“La regia in quel momento veniva dal Gruppo di Roma, circostanza confermata dal fatto che Soligo non cambiò i files delle due annotazioni sul posto (cioè presso il Comando di Tor Sapienza) ma i files furono trasmessi al Gruppo e tornarono modificati dal Gruppo”.

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