Stefano Leo, il padre Maurizio Leo: "Come dico ai miei figli che l'hanno ucciso perché era felice?" Stefano Leo, il padre Maurizio Leo: "Come dico ai miei figli che l'hanno ucciso perché era felice?"

Stefano Leo, il padre Maurizio: “Come dico ai miei figli che l’hanno ucciso perché era felice?”

Stefano Leo, il padre Maurizio Leo: "Come dico ai miei figli che l'hanno ucciso perché era felice?"
Stefano Leo, il padre Maurizio: “Come dico ai miei figli che l’hanno ucciso perché era felice?” (foto Ansa)

ROMA – Non si dà pace il padre di Stefano Leo, il ragazzo ucciso ai Murazzi a Torino perché era felice. Già, questa è stata la motivazione data dall’uomo che ha ammesso l’omicidio, Said Machaouat. Non sopportava un ragazzo che rideva, lo ha accoltellato al collo anche se non lo conosceva. E ora Maurizio Leo dice: “Cosa devo raccontare ai miei figli”‘.

“Il pensiero che Stefano sia morto per uno sguardo, forse per un sorriso che aveva regalato al suo assassino, è inaccettabile”, dice Maurizio Leo. “Siamo a pezzi – aggiunge l’uomo, la voce rotta dall’emozione – non abbiamo più parole. Lo hanno ucciso un’altra volta”.

Chi voleva bene alla vittima, una persona descritta da tutti come mite e tranquilla, non sa darsi pace. “E’ un incubo che non ha fine. Come possiamo farcene una ragione?”, si chiede il padre della vittima. “Adesso che sappiamo la verità – insiste – come possiamo anche solo tentare di giustificare quello che è accaduto?. Mio figlio e quell’uomo non si erano mai visti né conosciuti. Erano due estranei, tra loro non è capitato nulla, sono uno sguardo e un sorriso, probabilmente casuali, perché Stefano era un giovane solare, che amava la vita. E’ inspiegabile che sia stato ucciso per questo motivo”.

Le parole dell’uomo filano via una dopo l’altra, senza interruzione, quasi a voler riempire con il suono della sua voce il vuoto dell’angoscia per quel figlio che non c’è più. “La solidarietà dei suoi amici e dei colleghi di lavoro è stata grande. ci sono stati vicini e hanno cercato di farci coraggio in questi giorni difficili”, aggiunge ricordando la passeggiata e i palloncini rossi lanciati in cielo per chiedere “giustizia e verità” poche ore prima che Said confessasse il delitto. “Adesso è come se avessero ucciso Stefano un’altra volta ed io non riesco proprio a farmene una ragione”, sottolinea con un tono di voce che all’emozione abbina ora anche la rabbia.

A Biella, dove Stefano Leo era nato e dove la famiglia vive, la notizia della confessione dell’assassino ha lasciato attoniti i numerosi amici della vittima e della madre, Maria Grazia Chiri. In tanti avevano partecipato ai suoi funerali laici, con un breve rito buddista, nel chiostro di San Sebastiano, il grande cortile del palazzo rinascimentale scelto dai famigliari per la sua appartenenza a una comunità Krishna, in Australia, dove aveva vissuto fino a poco tempo fa. Si dicono “sconvolti” anche gli ex compagni di scuola, con i quali il 34enne ucciso aveva condiviso gli studi fino alle Superiori. “Morire così, uccisi in quel modo senza un motivo – dicono – non ha senso”. (Fonte Ansa).

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