Strage Lamezia Terme, parla un ciclista: “Non è una questione di nazionalità”

”Non è una questione di marocchini o meno perchè poteva capitare a chiunque”. Così lunedì mattina davanti all’obitorio di Lamezia Terme, dove sono stati ricomposti i corpi dei sette ciclisti morti nell’incidente di domenica, parla Gino Caligiuri, ciclista di un gruppo di appassionati di Vena di Maida, un paese del lametino.

”In ogni comunità – ha aggiunto profondamente commosso – ci sono buoni e cattivi e non è una questione di razza. Sono cose che non dovrebbero succedere. La maggior parte degli automobilisti non ci rispetta perchè non capiscono cosa significhi andare in bicicletta. Suonano e ti sorpassano – ha proseguito – con velocità. Se sei in fila indiana, ti stringono e ti buttano fuori strada come accadde qualche anno fa a Pizzo ad alcuni nostri amici che rimasero feriti”.

Insieme a lui Antonio Fiumara, uno dei sopravvissuti alla strage perchè non era uscito a causa della pioggia. ”Oggi come oggi – ha affermato – il pericolo è dietro l’angolo. Era destino che dovesse succedere. Li conoscevo tutti, andavamo spesso insieme da tanti anni ed era gente che sulla strada ci sapeva stare e sapeva come comportarsi”.

Tanti gli amici ed i familiari che stanno facendo spola nell’obitorio dell’ospedale di Lamezia per porgere l’ultimo saluto ai loro cari. Tra essi anche alcuni sacerdoti ed il vicario della diocesi, mons. Pasquale Luzzo.

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