MILANO – Una condanna a 17 anni di carcere per una donna indiana, Gagandeep Kaur, e l’assoluzione dall’accusa di omicidio per il suo fidanzato, Rajeshewar Singh. Si è concluso così il processo con rito abbreviato a carico della coppia accusata di aver ucciso a Milano la loro coinquilina, la studentessa e stilista iraniana Mahtab Ahadsavoji, il cui cadavere, trasportato in una valigia prima a Lecco e poi a Venezia, è stato gettato nella laguna ed è stato ritrovato il 28 gennaio 2014.
Un delitto probabilmente scatenato dalla gelosia, dopo che la donna ha sorpreso l’iraniana mentre dormiva nuda nel letto del fidanzato. Nelle scorse udienze il pm Grazia Pradella aveva chiesto trent’anni di carcere per i due indiani. Il gup di Milano Simone Luerti oggi ha condannato l’uomo a un anno e 8 mesi di reclusione solo per occultamento di cadavere, assolvendolo invece con la formula che ricalca la vecchia insufficienza di prove dall’accusa di omicidio volontario aggravato. Ha condannato invece per omicidio solo la donna, escludendo l’aggravante dei motivi abietti e futili e stabilendo quindi nei suoi confronti una pena inferiore rispetto a quella chiesta dall’accusa.
La studentessa di Teheran, di 30 anni, si trovava in Italia per frequentare un corso all’Accademia di Brera e condivideva con la coppia di fidanzati indiani, che lavoravano in un albergo, un appartamento in via Pericle, alla periferia della città. Lo scorso 27 gennaio è stata strangolata nella casa con una collana d’oro decorata con simboli indiani, che spesso l’uomo portava al collo. Il suo corpo, stando agli accertamenti, è “rimasto per circa 8-9 ore in posizione fetale”. Poi i due fidanzati, di 29 e 30 anni, hanno nascosto il cadavere in una valigia, hanno raggiunto in taxi Venezia e l’hanno gettato nella laguna nel tentativo di farlo sparire. Dopo poche ore il corpo senza vita è stato ritrovato in un canale del Lido e le indagini, coordinate dal pm Grazia Pradella e dal procuratore aggiunto Alberto Nobili, hanno portato all’arresto dei coinquilini, che fin da subito hanno fornito versioni contraddittorie sulla morte dell’iraniana.
In un primo momento hanno sostenuto infatti che Mahtab Ahadsavoji aveva trascorso la serata bevendo whisky nell’appartamento, fino al punto da ubriacarsi pesantemente e da stare male. L’ipotesi di una morte naturale è stata però smentita dagli esami autoptici e anche dal comportamento della coppia, che ha cercato di nascondere il corpo. Proprio per fare chiarezza sulla dinamica e sul ruolo degli imputati, oggi è stato ascoltato in aula il medico legale che ha eseguito l’autopsia a Venezia dopo il ritrovamento del cadavere. Secondo il difensore dell’uomo, l’avvocato Manuel Sarno, il suo assistito “non ha partecipato al delitto” e non aveva un movente per commettere l’omicidio. La fidanzata, invece, avrebbe agito in un raptus scatenato dalla gelosia. “Siamo soddisfatti per questa sentenza”, ha spiegato l’avvocato, che aveva chiesto l’assoluzione, così come i difensori della donna. “Non c’era nessuna prova del suo coinvolgimento – ha concluso – e ora verrà scarcerato”.
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