Stupro Firenze, l'avvocato del carabiniere: "Da donna io gli credo" Stupro Firenze, l'avvocato del carabiniere: "Da donna io gli credo"

Firenze, l’avvocato del carabiniere: “Da donna io gli credo”

Stupro Firenze, l'avvocato del carabiniere: "Da donna io gli credo"
Stupro Firenze, l’avvocato del carabiniere: “Da donna io gli credo”

FIRENZE – “Da donna e da avvocato io gli credo”. Così Cristina Menichetti, avvocato difensore di uno dei carabinieri accusato, insieme al collega di pattuglia, dello stupro di due studentesse americane a Firenze, spiega al Corriere della Sera di non avere dubbi sulla buona fede del suo assistito. “Sono una donna, odio gli abusi. Ma l’ho ascoltato e gli credo”, ha detto.

Menichetti, penalista con 20 anni di esperienza sulle spalle e protagonista in tanti processi per violenze e maltrattamenti contro le donne, questa volta si trova a difendere il presunto molestatore. Al Corriere l’avvocato racconta:

“Quando mi ha giurato che non aveva violentato quella ragazza perché lei era consenziente l’ho guardato negli occhi e ho capito che diceva la verità. Mi ha detto che da me voleva solo che riuscissi a portarlo davanti a una magistrato per raccontare la sua verità. Non con dichiarazioni spontanee, ma con un vero interrogatorio, come si deve a una persona raggiunta da un avviso di garanzia. Mi è sembrato sincero e io allora ho deciso di difenderlo anche da un reato che, in quanto donna, mi fa rabbrividire”.

A convincerla sono state le lacrime dell’appuntato:

“Sono un’avvocata e dunque il mio dovere è difendere tutti nel rispetto della legge e della verità, anche chi è sospettato di un crimine così odioso. Ma lo ripeto, dopo tanti anni di professione, credo di saper riconoscere chi mente, chi mi vuole fregare. Quel carabiniere, disperato, che davanti a me è scoppiato a piangere, mi ha detto di sapere perfettamente di aver sbagliato. Mi ha ripetuto che non doveva accompagnare nessuno, che non doveva avere un’avventura perché in divisa e in servizio. Ma quando dice di non averla violentata, io ci credo. Da avvocata e da donna”.

Non gli credono però i suoi stessi colleghi dell’Arma che, in veste anonima, a colloquio col quotidiano la Stampa, chiedono punizioni esemplari:

“In dieci minuti di follia sono riusciti a bruciare due secoli di storia dell’Arma. Da qualche giorno viviamo in un clima surreale e il disagio che proviamo è tangibile anche nel rapportarsi tra noi colleghi. Ho parlato con tanti cittadini che si sono rivolti a me, smarriti e sconvolti e io non mi sono certo tirato indietro, ma non è facile. Come non è stato facile parlarne con le mie figlie […] Se le accuse delle due studentesse dovessero essere confermate, dovranno essere puniti in modo adeguato”.

 

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