Tamara Pisnoli a processo per sequestro Antonello Ieffi

di Redazione Blitz
Pubblicato il 22 Dicembre 2015 - 16:20 OLTRE 6 MESI FA
Tamara Pisnoli a processo per sequestro Antonello Ieffi

Tamara Pisnoli a processo per sequestro Antonello Ieffi (foto Ansa)

ROMA – Rinviata a giudizio Tamara Pisnoli, ex moglie del calciatore della Roma Daniele De Rossi. L’Ansa spiega che la donna è stata coinvolta assieme ad altri nel sequestro di un imprenditore nel luglio del 2013. La donna è accusata di estorsione, lesioni personali aggravate e rapina nell’ambito dell’inchiesta sul pestaggio a scopo di estorsione dell’imprenditore Antonello Ieffi. Il processo è stato fissato al prossimo 14 aprile.

Lo ha deciso il gup di Roma, Costantino De Robbio, che per la stessa vicenda ha rinviato a giudizio anche Francesco Camilletti e Francesco Milano. Nel medesimo procedimento, con giudizio abbreviato sono stati condannati anche Manuel Severa (7 anni e 2 mesi), Simone Di Matteo (6 anni e 6 mesi), Fabio Gioacchini (5 anni e 8 mesi), Fabio Pacassoni (5 anni e 8 mesi). Pene minori, infine, sono state patteggiate da Andrea e Sergio Gioacchini, che hanno avuto rispettivamente 8 (in continuazione con altre condanne per un totale di 4 anni e 10 mesi) e 11 mesi (in continuazione con altre condanne per un totale di 2 anni e 10 mesi).

Chi è Ieffi (tra le altre cose anche ex fidanzato di Manuela Arcuri) lo dice l’ordinanza del Gip: «La vittima riteneva che sinonimo di successo fosse essere ricchi per essere presentabile di fronte a personaggi della Roma bene. Così per ostentare ricchezza c’è stato un momento in cui aveva stipulato sei contratti di leasing di auto di lusso».

Ieffi presenta la denuncia il 20 luglio 2013, anche se inizialmente per paura non fa nomi: «Quel pomeriggio avevo appuntamento in un bar dell’Eur con alcune persone – ha raccontato ai carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci – Quando arrivai mi si avvicinarono due persone e mi invitarono a salire sulla macchina con loro. “Tieni la testa abbassata”, mi hanno detto durante il tragitto, probabilmente per non farmi vedere il percorso per arrivare all’appartamento. Una volta lì cominciarono a picchiarmi, a farmi del male. Erano in tre. Uno di loro mi tagliò con un coltello il cuoio capelluto. Pretendevano altri 86mila euro per un prestito che sei mesi prima avevo chiesto di 100mila euro. Ne avevo già restituiti 343mila, ma ne volevano ancora e subito. Mi hanno minacciato di morte: “Se non paghi in cinque giorni ti spariamo alla testa”. E anche: “sai quanto ci metto a fà ammazzà una persona? Basta che metto diecimila euro in mano a un albanese, non ci mette niente”».