TARANTO – Un tratto dell’acquedotto del Triglio è crollato il 6 novembre sulla strada provinciale Taranto-Statte, probabilmente a causa del maltempo. I detriti hanno invaso la carreggiata dopo il cedimento, ma non si registrano feriti.
Il crollo ha interessato la parte centrale di una delle parti emerse della struttura, che è lunga circa otto chilometri, tra gallerie sotterrane e archi a tutto sesto, in corrispondenza dello stabilimento Ilva. Sul posto sono intervenuti subito vigili del fuoco e pattuglie di carabinieri. La strada è transitabile su una corsia, ma la circolazione ha subito forti rallentamenti. Una parte della struttura negli anni scorsi era stata restaurata.
L’Acquedotto del Triglio, che ha servito Taranto fino alla II Guerra Mondiale, è una delle più imponenti opere di ingegneria idraulica presente nel territorio ionico e si sviluppa parte in sotterraneo e parte in elevato, con una serie di archi canale che un tempo trasportavano acqua alla città di Taranto. Da valutazioni archeologiche e storiche, si ritiene che il primo tratto, che va dalle sorgenti fino a Statte, sia stato costruito per uso privato delle ville suburbane, nell’anno 123 a.C., al tempo dei Gracchi.
Il sindaco di Statte, Franco Andrioli, ha spiegato a Repubblica che si tratta di un danno rilevante: “La parte crollata non riguarda la competenza del Comune di Statte ma solo quella di Taranto. Tutta la parte ad archi dell’acquedotto romano ricade nel territorio di Taranto, la competenza territoriale di Statte viene molto dopo. La parte crollata si trova di fronte all’ex stabilimento Belleli venendo da Statte. Non si tratta della parte che il Comune di Taranto, anni addietro, aveva fatto restaurare e che è più vicina alla fine del quartiere Tamburi. Intervenne, credo, l’allora sindaco di Taranto, Ezio Stefàno, sul finire del primo mandato”.
Andrioli ha poi spiegato che con il sindaco di Taranto che è dimissionario, la manutenzione dell’acquedotto dovrebbe essere portata all’attenzione della Soprintendenza ai monumenti, della Provincia di Taranto e della Regione Puglia: “Oltre al ripristino della parte crollata, è venuto il momento di pensare ad un progetto di tutela e di cura dell’acquedotto romano. Penso ad una copertura che lo protegga efficacemente non solo dalle avversità meteo ma anche dall’inquinamento e dalle polveri minerali del vicinissimo stabilimento Ilva. Oggi se osserviamo le arcate dell’acquedotto, notiamo subito che sono tutte di colore rosso ruggine. Il colore tipico delle polveri minerali. Quello che è tutto deposito proveniente da Ilva. Ecco perchè bisogna studiare e predisporre una migliore protezione perché le arcate dell’acquedotto sono di colore chiaro, non certo del colore in cui purtroppo sono oggi”.