Tav, ex carabiniere autista dei pm aggredito: anarchici contro “obiettivi umani”

Tav, ex carabiniere autista dei pm aggredito: anarchici contro "obiettivi umani"
(Foto LaPresse)

TORINO – Basta con le azioni simboliche e con “la partecipazione a scontri di piazza opportunisti”: gli anarchici devono fare un salto di qualità, scatenare una “guerra permanente” e prendersela con “obiettivi umani“. Dice questo il documento “Diventiamo Pericolosi“, redatto in Grecia lo scorso dicembre e rilanciato sul web nella versione italiana pochi giorni fa, in marzo.

Un documento che sembra volere anticipare una nuova fase della strategia della Fai-Fri, rete “Internazionale nera” tessuta da sedicenti anarco-nichilisti. Non è ancora possibile tracciare scenari o conclusioni, ma un “obiettivo umano” è stato senz’altro l’ex carabiniere che la sera dell’11 aprile è stato aggredito sotto casa, a Torino, da un terzetto di sconosciuti al grido “servo dei servi dei servi”.

La sua colpa? Lavorare come autista e guardaspalle del pm Antonio Rinaudo, magistrato in prima linea nei processi sugli anarchici, sui No Tav e sull’antagonismo in generale. L’uomo ha fatto valere la sua prestanza fisica e il suo passato di pugile, altrimenti poteva andargli molto peggio: se l’è cavata con delle ecchimosi e con profondi graffi a un braccio provocati forse da un oggetto metallico – un grosso anello o un orologio – o forse da un taglierino.

Il procuratore generale del Piemonte, Marcello Maddalena, oggi ha incontrato i vertici della Digos cittadina per discutere del caso, mentre il procuratore reggente, Sandro Ausiello, apriva un fascicolo per lesioni aggravate. Il raid contro l’ex militare alza di una tacca l’asticella della tensione nel capoluogo piemontese, inserendosi di prepotenza nella scia delle proteste con cui, da mesi, vengono accolte le iniziative delle forze dell’ordine e della magistratura subalpina: soltanto giovedì scorso, in tribunale, l’apertura di uno dei tanti processi a tre simpatizzanti No Tav si è trasformato in una manifestazione di piazza con slogan, cori e insulti ai pm.

Quella della sera dell’11 aprile, a prescindere da chi siano stati gli autori, è comunque una svolta. I tre, che indossavano berretti con ampi scaldacollo, sapevano dove abitava il loro bersaglio e sapevano che sarebbe sceso in strada per gettare un sacchetto con l’immondizia nel cassonetto. Può darsi che abbiano avuto una soffiata da un amico che abita nel quartiere, ma può anche darsi che abbiano svolto un’inchiesta in piena regola, con pedinamenti e servizi di osservazione.

I No Tav si sentono tirati in ballo ingiustamente e reagiscono. E’ un episodio “strano”, dicono, “anomalo” come tanti altri (per esempio il ritrovamento di tre molotov davanti all’uscio di casa del senatore Stefano Esposito), che “non rientra nelle strategie del movimento”. In un articolo di Notav.info si osserva che episodi “di aggressioni e minacce sono avvenuti e avvengono quando vi sono appuntamenti di richiamo nazionale che vedono coinvolto il Movimento No Tav (come la manifestazione di oggi a Roma – ndr), o passaggi legislativi importanti. Sembrano far parte di una strategia studiata a tavolino”.

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