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Telefonate mute ad amici non sono uno scherzo: Cassazione condanna 46enne di Lanciano

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Telefonate mute ad amici non sono uno scherzo: Cassazione condanna 46enne di Lanciano

ROMA – Non sono da sottovalutare le conseguenze, penali, delle telefonate mute fatte per scherzo a persone che si conoscono: per la Cassazione gli squilli muti sono un fatto di “ordine pubblico” e non una burla. Sentenza nata da un caso abruzzese.

La Suprema Corte ha confermato la condanna penale alla pena di 200 euro di ammenda – per molestie – nei confronti di un abruzzese, 46enne di Lanciano, che dal marzo al maggio 2015 aveva fatto “numerosissime telefonate di giorno e di notte” sul cellulare di una donna che si era preoccupata e infastidita tanto da denunciare l’accaduto. Solo in seguito agli accertamenti della polizia, l’uomo è stato identificato e la vittima lo ha riconosciuto come uno dei suoi amici che, peraltro, aveva già fatto questo ‘scherzetto’ ad altri conoscenti. 

Il Tribunale di Lanciano, nel novembre 2017, ha multato l’uomo e a nulla è servito il tentativo dell’amica di lasciarsi alle spalle tutti gli squilli muti. “Ai fini della sussistenza del reato – sottolinea la Cassazione nel verdetto 13363 – gli intenti scherzosi o persecutori dell’agente sono del tutto irrilevanti, una volta che si sia accertato che, comunque, a prescindere dalle motivazioni che sono alla base del comportamento, esso è connotato dalla caratteristica della petulanza, ossia da quel modo di agire pressante, ripetitivo, insistente, indiscreto e impertinente che finisce, per il modo stesso in cui si manifesta, per interferire sgradevolmente nella sfera della quiete e della libertà delle persone”. (fonte: Il Centro)

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