Ansia da terremoto in Emilia Romagna: 80 scosse in due giorni. Lo sciame sismico, tra Parma e Modena, interroga i più (quorum ego) bersagliati in settimana da una frequenza di colpi assolutamente inattesa. E ci si chiede: c’è da preoccuparsi? Per carità, scosse non forti, quasi ignorate dai media nazionali. Però la scossa di mercoledì 7 febbraio alle 14.53 l’abbiamo sentita. I sismografi si sono messi a vibrare in modo inquietante. Non si sono registrati danni a cose o persone. Ma l’ansia è rimasta anche se da giovedì grasso la frequenza delle scosse è sensibilmente diminuita.
COLPA DELL’APPENNINO – I geologi hanno una spiegazione: tutta colpa dell’Appennino Emiliano che ogni anno si muove di 1 o 2 millimetri. Le colline si stanno spostando verso nord-est. Il presidente dell’ordine dei geologi dell’Emilia Romagna, Paride Antolini, ha provato a fare il punto della situazione su QN e ha confermato: ”Sì, ci sono state una settantina di scosse, tutte nella stessa zona tra Langhirano (Parma) e Frassinoro (Modena) ma soltanto 7 con una magnitudo maggiore di 3 e a una profondità prevalente di 20 km. E soltanto queste, presumibilmente sono state avvertite dalla popolazione”. Scosse che comunque sono state molto ravvicinate. Mercoledì sera, ad esempio, in meno di mezz’ora se ne sono registrate 7. Giovedì mattina molte altre.
LA FAGLIA DEL MONTE BOSSO – Tutti questi eventi sismici si posizionano intorno a una faglia conosciuta: la faglia del monte Bosso, collina parmense. Aggiunge Antolini: ”Sì, si tratta di una faglia inversa, legata a un movimento del l’Appennino verso nord-est. L’Appennino Emiliano Romagnolo si muove ogni anno di circa 1 o2 millimetri e questo è dovuto a uno scollamento delle strutture tettoniche in profondità. Come sappiamo è impossibile prevedere i terremoti. Non sappiamo mai se un determinato sciame sismico possa sfociare in un evento più importante”.
PREVENZIONE IN ATTO – La regione Emilia Romagna sta lavorando sulla prevenzione, cioè sulla costruzione e sull’adeguamento delle strutture antisismiche a cominciare dalle scuole. Con i fondi del PNRR sono stati compiuti i primi grandi passi. Ma per mettere in sicurezza gli edifici gli esperti concordano: ”Occorrono decenni, una generazione non basta”.