La Corte d’Appello dell’Aquila ha emesso una sentenza confermando il pronunciamento di primo grado del 2022 riguardante i morti nel sisma dell’Aquila del 6 aprile 2009. Questa decisione scagiona la Presidenza del Consiglio dei ministri da ogni responsabilità per la morte di sette studenti, avvenute in vari crolli durante il terremoto avvenuto circa 15 anni fa. Secondo quanto riportato dal quotidiano abruzzese ‘Il Centro’, i familiari delle giovani vittime non solo non riceveranno alcun risarcimento, ma saranno anche obbligati a pagare le spese legali, che ammontano a circa 14.000 euro. La Corte d’Appello ha motivato la sua decisione sostenendo che i familiari hanno assunto una “condotta incauta”, contribuendo così al loro mancato diritto a un risarcimento.
No al risarcimento ma spese legali per familiari di 7 vittime
La sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila riguardante i decessi causati dal sisma del 6 aprile 2009 ha suscitato molte polemiche, in quanto ha scagionato la Presidenza del Consiglio dei ministri puntando sulla condotta incauta dei ragazzi coinvolti nei crolli. Tra le vittime ricordate vi è Nicola Bianchi, la cui storia personale e la decisione di restare all’Aquila per sostenere un esame prima di uscire in strada il giorno del terremoto sono state particolarmente evidenziate.
I genitori dei sette studenti, compreso Nicola Bianchi, hanno presentato un ricorso in appello nel processo civile, cercando un risarcimento per le perdite subite. Tuttavia, la Corte d’Appello ha deciso di non concedere il risarcimento, sostenendo che non vi erano prove sufficienti che i ragazzi fossero stati condizionati dalle rassicurazioni date da De Bernardinis, allora vice capo della protezione civile, il quale fu l’unico condannato in sede penale per il caso.
La sentenza
Stando ai giudici di secondo grado non ci sarebbero prove certe delle rassicurazioni in relazione alla condotta dei giovani, pertanto mancherebbe il cosiddetto ‘nesso causale’ per attribuire responsabilità di natura civile. Quindi i ragazzi non sarebbero stati condizionati e quindi rassicurati dalle risultanze dei comportamenti dei componenti della Commissione Grandi Rischi presenti all’Aquila cinque giorni prima del sisma, il 31 marzo 2009, e nemmeno dalle dichiarazioni in tv di De Bernardinis e, alla stampa, dall’allora sindaco, Massimo Cialente. Per i giudici, infine, “in linea generale, il compendio probatorio acquisito (convocazione della riunione, verbali della stessa, deposizioni testimoniali), al di là del convincimento del capo del Dipartimento di Protezione civile emerso nel corso della conversazione casualmente intercettata tra lo stesso (Bertolaso) e l’assessore regionale (Stati) ha smentito o, comunque, non ha dato conferma della tesi che gli esperti partecipanti alla riunione del 31 marzo – ad esclusione del De Bernardinis, vice di Bertolaso, il quale, peraltro, alla stessa non diede alcun contributo scientifico – avessero, a priori, l’obiettivo di tranquillizzare la popolazione e, quindi, di contraddire o minimizzare quanto desumibile dai dati oggetto della loro valutazione scientifica. Tesi che le parti appellanti ripropongono in termini meramente assertivi senza misurarsi con le risultanze istruttorie”.
Le parole del padre di una delle vittime
Sergio Bianchi, padre di Nicola, esprime profonda amarezza per la sentenza, evidenziando il dolore causato dalla perdita del figlio e criticando il fatto che altri studenti non abbiano ricevuto un trattamento simile. Sottolinea anche la discrepanza nelle valutazioni legali e la difficoltà nel comprendere le logiche dietro la decisione della Corte. Ricorda che la casa di Nicola era stata oggetto di discussioni condominiali, il cui contenuto non è mai stato chiarito, aggiungendo ulteriori strati di frustrazione e dolore alla sua esperienza.
Il signor Bianchi ritiene che il processo sia stato ingiusto nei confronti del figlio e degli altri studenti deceduti, basandosi su presupposti discutibili e lasciando irrisolti molti interrogativi e dolori personali legati alla tragedia del terremoto dell’Aquila.