Terremoto, paradosso sismi in Italia: meno potenti ma più distruttivi

Terremoto, paradosso sismi in Italia: meno potenti ma più distruttivi
Terremoto, paradosso sismi in Italia: meno potenti ma più distruttivi

ROMA – Perchè i terremoti in Italia sono meno potenti rispetto al resto del mondo, ma più distruttivi? E’ solo una questione legata alle nostre strutture, spesso antiche e non antisismiche? Non solo. I terremoti italiani hanno infatti caratteristiche talmente peculiari da renderli del tutto diversi da quelli giapponesi o andini, così come pure da quelli californiani o turchi. I terremoti italiani sono caratteristici, perché non entra in gioco una sola placca che si infila sotto quella europea. Ci sono blocchi più piccoli (microplacche), come quello adriatico e quello siculo-ibleo, che complicano l’interazione fra le placche più grandi.

Questo vuol dire che i terremoto avvengono più in superficie e meno in profondità come nel resto del mondo, causando quindi più danni. Un fenomeno che, accompagnato dal fatto che spesso vengono colpite zone con edifici antichi e non anti sismici, è come abbiamo visto quasi sempre deleterio.

Soprattutto, ma non solo, le velocità di interazione nel Mediterraneo sono minori di quelle sudamericane o giapponesi e dunque le energie in gioco sono più basse e le magnitudo, di conseguenza, più piccole. In Italia non si è mai superata magnitudo 7.5 Richter. I terremoti più forti mai registrati al mondo sono, invece, di magnitudo 9 Richter, in Giappone, Indonesia e Cile, non nel Mediterraneo.

Come spiega Mario Tozzi su La Stampa, una prima causa è la scarsa profondità ipocentrale dei terremoti italiani, che difficilmente superano i 30-40 km di profondità e, anzi, si attestano attorno ai 10 km. Le onde sismiche, dunque, non si attenuano perché attraversano uno spessore meno cospicuo di rocce rispetto a quanto accade, per esempio, in Giappone oppure in Cile, dove gli ipocentri sono a centinaia di km di profondità.

Per quanto riguarda il “peso” degli edifici Mario Tozzi spiega:

Ma quello che conta di più è il patrimonio edilizio: vetusto e poco controllato. Il terremoto distrugge abitazioni rurali di collina fatte con ciottoli di fiume e malte scadenti oppure costruzioni più recenti in cemento armato, però mal progettate e peggio realizzate. Infine sembra anche esserci un’incapacità, tutta italiana, di imparare da secoli di catastrofi: in ogni Paese a rischio sismico, prima o poi, si cambia rotta, magari dopo un terremoto devastante, come negli Usa (dopo San Francisco, 1906) o in Giappone (dopo il 1855 e il 1923).

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