“Terrone di m…” e l’ operaio reagisce con un pugno al capo: per il giudice è giusto il licenziamento

Ha perso il lavoro e si è visto confermato il licenziamento dal giudice, un operaio di origini meridionali che ha reagito con un pugno ad un insulto (‘terrone di m.’) rivoltogli dal caporeparto di un’azienda trentina. Al centro della discussione – racconta il quotidiano L’Adige – c’era il presunto ritardo dell’operaio dopo una pausa.

Al termine dell’accesa discussione, il caporeparto avrebbe mandato via l’operaio dicendo ‘terroni di m’. L’operaio avrebbe così reagito sferrando un cazzotto contro il collega, raggiungendolo di striscio. Dopo dieci giorni è arrivato il licenziamento in tronco. Da qui la causa intentata dall’operaio. La sentenza di primo grado del giudice del lavoro di Trento ha dato ragione al caporeparto in quanto ”non è possibile affermare anche nei rapporti di lavoro la violenza fisica come strumento di affermazione di sé, anche quando si tratti della mal compresa affermazione del proprio onore”. Un concetto ribadito dalla sentenza d’appello che ribadisce come ”la violenza fisica non può mai essere giustificata da una provocazione rimasta sul piano verbale”.

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