Test Medicina, 7 su 8 non passano. Biologia, scienze o estero: i “piani B”

Test Medicina, 7 su 8 non passano. Biologia, scienze o estero: i "piani B"
Test Medicina, 7 su 8 non passano. Biologia, scienze o estero: i “piani B”

ROMA – Sette aspiranti medici su otto non ce la faranno a superare il test di ingresso a Medicina il prossimo 9 settembre. L’anno accademico inizia e con esso il “piano B“. C’è chi si iscrive a Biologia o Scienze naturali, nella speranza di esami riconosciuti in una futura ammissione, e chi tenta la fortuna all’estero. Il test, in appena 90 minuti, decide la vita di quegli aspiranti medici che potrebbero in futuro dover rinunciare al proprio sogno.

Nel 2013 il test d’ingresso per le facoltà a numero chiuso di Medicina e Odontoiatria ha registrato un boom di iscrizioni, aumentate del 23% rispetto al 2012, e per chi sogna di diventare dottore la via d’accesso si fa sempre più stretta. A complicare ulteriormente la situazione poi vi sono la graduatoria nazionale e i bonus maturità, oltre ad un test che punta ormai più su logica e ragionamento che sulla cultura generale.

I dati parlano chiaro, spiega Melania di Giacomo sul Corriere della Sera:

“Per Medicina e Odontoiatria, la sfida più dura (ad Architettura ce la fa quasi uno su due), i posti sono sempre gli stessi, circa 11 mila (rispettivamente 10.021 e 954), ma i concorrenti sono aumentati di quasi un quarto: hanno presentato la domanda in 84.165, mentre negli ultimi due anni erano stati all’incirca 69 mila”.

L’esigenza di un piano B per le matricole diventa allora necessaria:

“La strada maestra è iscriversi a una facoltà affine come Biologia o Scienze naturali e fare almeno due o tre esami e dopo riprovare. È vero che non è possibile aggirare il test, e occorre rifarlo e superarlo l’anno prossimo, ma non si sarà perso troppo tempo dato che potranno essere convalidati biologia o biochimica, fisica e statistica o matematica applicata”.

Andare all’estero, per chi al sogno non vuole rinunciare ed ha la possibilità economica di farlo, rimane una delle soluzioni. Ma non sempre ne vale la pena, spiega la Di Giacomo:

“«Anche Francia e Spagna hanno una sbarramento. Ecco perché non sono poi tanti gli studenti che ci provano lì», dice il professor Andrea Lenzi, presidente del Cun (consiglio universitario nazionale) e di Medicina alla Sapienza. Il vero boom è verso la Romania, dove il test non è previsto, ma occorre aprire gli occhi perché gli atenei riconosciuti sono tre: Bucarest, Arad e Oradea”.

Inoltre l’essere iscritto in un’università straniera non dà comunque diritto al rientro in Italia senza superare il test d’ingresso, spiega Lenzi al Corriere della Sera:

“«I crediti degli esami – spiega Lenzi – sono una sorta di “moneta unica dell’istruzione” nell’Ue. Ognuno corrisponde a 25 ore di apprendimento e consente di tradurre in equivalenza gli esami», ma una apposita commissione del corso di laurea di Medicina dell’Università decide se si può riconoscere o meno quelli acquisiti all’estero. Quella per gli studenti provenienti dalla Romania «viene fatta con particolare attenzione»”.

Se poi si decide di portare a termine gli studi da medico all’estero, al rientro in Italia la propri laurea potrebbe non avere valore legale per esercitare la professione medica e la situazione cambia a seconda se la laurea si presa in un paese Ue o no:

“L’equipollenza (ossia il valore legale del titolo) non è un automatismo, ma richiede una valutazione del percorso formativo da parte di una università italiana. Per esempio il laureato in Spagna che vuole esercitare in Italia può chiedere l’autorizzazione al ministero della Salute in base a una direttiva europea del 2005. Ma anche in questo caso può essere richiesta l’integrazione di alcuni esami, come medicina legale, una materia che cambia in base alle legislazioni di ciascun Paese.

Se invece la laurea è stata conseguita in un paese extracomunitario, cioè dove le direttive europee non sono applicate, lil riconoscimento del titolo potrebbe essere ancora più complicato:

“L’Albania non fa parte dell’Ue per cui lì non si applica la direttiva. La trafila prevede invece una domanda al ministero della Salute che sottopone il candidato ad alcuni esami, che, se superati, consentono di svolgere la professione in Italia”.

La soluzione più “facile” per gli aspiranti medici è riprovare il test il prossimo anno e non rinunciare all’ammissione se diventare medico non è solo un sogno, ma una realtà che vogliono raggiungere.

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