'Ti farò schiattare': il capo non può dirlo

ROMA, 8 GIU – Nessun dubbio sull'espressione 'Ti faro' schiattare': se usata in un contesto come quello di lavoro pu' avere valore di una vera e propria minaccia. Lo sa bene ora un capo d'azienda di Roma condannato in Cassazione per ingiuria e minacce nei confronti di una sua dipendente per averle detto ''Sei una vergognosa'' e ''Ti faro' schiattare''.
I fatti sono questi: la dipendente si era rifiutata di firmare una lettera di dimissioni imposta dal datore di lavoro e lui, evidentemente arrabbiato, aveva pronunciato queste frasi ''prospettandole un trattamento sistematicamente vessatorio''. In una prima pronuncia il giudice di pace aveva assolto il capo, ma, in riforma della sentenza, il tribunale monocratico di Roma lo aveva invece condannato ritenendo fondate le prove portate dall'impiegata, cioe' una lettera stropicciata e non firmata delle dimissioni e la testimonianza di una sua collega che aveva assistito alla discussione.
Nel ricorso in Cassazione il datore di lavoro ha sostenuto che non si era trattato di minacce perche' lo steso significato del verbo ''schiattare sarebbe incerto, non risultando registrato su alcun dizionario della lingua italiana, ne' tantomeno l'invettiva 'Sei una vergognosa''' aveva valenza offensiva.
Ma, secondo i giudici della Quinta sezione penale della Cassazione, la parola schiattare risultava una minaccia eccome. Scrivono infatti i supremi giudici nella sentenza numero 22816 che ''l'espressione 'ti faro' schiattare' non solo e' di uso comune, ma e' riportata su tutti i dizionari della lingua italiana con l'inequivoco significato 'ti faro' crepare'; l'espressione 'vergognosa' poi – continua la sentenza – e' stata correttamente valutata nel contesto ed aveva chiaro ed univoco significato ingiurioso che la sentenza impugnata ha ritenuto''. Per questo la Cassazione ha confermato la condanna.

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